26 December 2014 @ 11:33 pm
[Marco Polo] you are everything I'm not  
Titolo: you are everything I'm not
Fandom: Marco Polo (telefilm)
Personaggi: principe Jingim/Marco Polo
Genere: erotico, introspettivo?, angst
Avvertimenti: missing moment, what if?
Parole: 1298
Note: perché sticazzi, dopo aver promptato tanto al pornfest @ [livejournal.com profile] fanfic_italia, finalmente qualcun altro che non sono io ha promptato il Jinco (che è una roba palesissima per chi ha visto il tf, veramente, io boh) e non potevo fare altro che fillarlo. Anche se fa schifissimo. E ringrazio il cielo che non l'ho scritto in inglese, sennò qualche sjw der cazzo mi veniva a fare l'orlo ai coglioni. Vabbè, in ogni caso si tratta di un pornino con pov misto, tanti daddy issues e Jingim che è IL BAE PER ECCELLENZA. *se lo stropiccia* e bon, secondo fill: check.
edit: ahhhh, e filla bene anche il prompt 58 della maritombola @ [livejournal.com profile] maridichallenge, "Angst, Missing Moment".


La notte è fredda. Persino a palazzo, nonostante le coperte, nonostante tutti i corpi che il principe avrebbe a disposizione, se lo volesse. La notte è fredda, e non esiste conforto entro quelle mura, nemmeno nel respiro e nei lineamenti di Kokachin che dorme beata, bellissima, eterea accanto a lui. Non esiste bellezza che possa distruggere il Latino, lui, arrivato dall'Ovest ottenendo subito tutto ciò che lui ha impiegato una vita a poter anche solo sfiorare. Una vicinanza col Khan dei Khan che lui, ragazzino cresciuto Cinese nonostante fosse suo figlio, non potrà forse mai sperare di ottenere. Tutto ciò che ha è un titolo, un potere che lo porta solo nelle sale del Khan, solo al suo cospetto, solo a doversi mettersi alla prova giorno dopo giorno. Eppure fallisce, fallisce e ormai non ci sono neanche più parole a farglielo notare. Solo uno sguardo rassegnato, o così gli pare.
Tutto ciò che vuole è quello che Polo ha. Tutto ciò che Jingim abbia mai voluto nella vita è a poche stanze da lì. Tutto ciò di cui ha bisogno, ora, giace nel proprio letto, forse solo, forse sognando la propria casa. Dove dovrebbe tornare, ringhia nella sua mente mentre a piedi scalzi scende, e poi sale, e poi lo guarda raggomitolato nella sua coperta di lana, al buio, che respira pesantemente.
Jingim non lo trova bello. Jingim ha altri canoni di bellezza estetica, gli occhi di Marco sono troppo rotondi, e la forma del suo viso è strana, ed il suo fisico è rozzo, primitivo. Non c'è nulla in lui che sia familiare o gradevole, perlomeno a prima vista, eppure scosta lentamente la coperta comunque. Lo ha osservato, mentre si aggirava per la sua città, dapprima spaesato, poi con crescente sicurezza. Lo ha osservato cavalcare, prendere confidenza con la sua lingua, ha notato come i suoi occhi si accendono quando parla di Venezia. E ora lo guarda, a carponi sopra di lui, mentre apre gli occhi preso dalla confusione e dal sonno, chiaramente svegliato dal freddo.
"Jingim...?" Bofonchia, la mente che ancora processa l'immagine in penombra del viso del principe a pochi centimetri su di lui. E poi prima che possa dire altro, prima che possa fare domande, le labbra del principe si chiudono sulle sue, mentre le sue mani lo cercano famelicamente, con gli occhi assottigliati dal veleno che scorre doloroso dentro di sé.
"Jingim." Marco lo ferma, con una mano stretta attorno ad un suo polso, e l'altra sulla sua nuca. "Kokachin. Hai Kokachin."
Kokachin non ha quello che Marco possiede. Si libera dalla sua presa, lo bacia di nuovo perché le sue labbra sono morbide e affondarci i denti, sentendolo gemere - forse per il dolore, chissà - è piacevole. Marco ha un sapore strano. E ciò che Jingim sta facendo va contro sé stesso, eppure ora che avverte il calore della persona sotto di sé, ora che lo ha stretto fra le cosce, non ha intenzione di lasciarlo andare finché non gli darà quella cosa che non è mai riuscito ad avere. Un tesoro che ha sempre arrancato, cercando di afferrare, invano.
"Tu hai mio padre," Jingim ringhia sottovoce, mentre scaraventa via la coperta, ed entrambi i corpi rabbrividiscono per gli spifferi d'aria così frequenti a palazzo.
Marco comprende, e vorrebbe fargli capire che il Khan Kublai gli vuole bene, gliene vuole troppo, gliene vuole così tanto che ucciderebbe per lui, eppure il principe non lo vede. Forse non lo vedrà finché non sarà troppo tardi. Lo lascia fare, lascia che si prenda quello che vuole, lascia che lo spogli contro ogni raziocinio, lascia che le sue mani lo afferrino violentemente - e rabbrividisce, si scalda, restituisce i baci che ora sanno più di morsi, ma nel giro di qualche minuto lotta contro di lui, come un animale, lo afferra per i capelli, mentre Jingim lo prende per la gola e con la sola forza bruta lo forza in ginocchio, forse avvantaggiato dal proprio corpo decisamente meno affetto dal sonno. Il tutto avviene in completo silenzio, così come silenzioso è Jingim quando si lecca le dita, le infila senza troppe cerimonie dentro l'italiano, lo osserva tremare con violenza per il dolore improvviso, lo ascolta mentre cerca di non urlare, e lo annusa. L'odore di Marco sa di familiare, ora, anche se la sua pelle sa ancora d'Occidente, sotto sotto, di straniero, di qualcuno che lì non ci dovrebbe stare. Eppure Marco sa più di casa che altri più simili a Jingim. Sidao, per esempio. Sidao ha sempre avuto un odore ed uno sguardo diverso. Sidao guardava al trono, mentre lui, il principe, vedeva solo suo padre.
Si spinge gradualmente dentro di lui, gli afferra i capelli - secchi, maltrattati, in disordine -, tiene gli occhi aperti mentre le sue braccia si avviluppano con forza attorno al collo di Marco. Che ora ansima pesantemente, senza dire nulla, ma si arrende con i propri occhi chiusi, lo lascia fare, e non smette per un secondo di provare dolore.
E poi la presa di Jingim si allenta, mentre si alza accarezzandogli i fianchi, si spinge contro di lui con movimenti più secchi, ma lo sente rilassarsi attorno a lui. Che cos'ha quest'italiano più di lui? È una domanda che si pone da settimane, ed ogni volta ha notato qualcosa che lo spingeva con sempre più frustrazione a notare quanto fosse un uomo nella norma. Perlomeno per un Occidentale. Che cos'ha, questo Polo, più di lui? Perché il Khan pende dalle sue labbra, gli concede perdono e favori che altri del suo popolo non potrebbero nemmeno supplicare di avere? Chi è, quest'uomo che tanto facilmente si lascia sottomettere?
Jingim prova furia nel non saperlo. Perché quest'uomo è incomprensibile, almeno per lui. Si spinge con più forza, come se lo stesse esplorando, eppure non provoca reazioni o parole che gli possano dare risposte. Non qualche saggia frase, non spasmi che nascondano qualche lato della sua personalità.
Marco lo prende dentro di sé, semplicemente, forse aspetta solo che abbia finito. Ma finalmente lascia andare un gemito, liquido, caldo, e poi un altro, e poi si morde il labbro trattenendo il fiato. È la prima volta che gli capita una cosa simile, e forse il dolore non se ne andrà per tutta la notte, né per tutto il giorno successivo. Ma mentre per istinto il principe si svuota dentro di lui, conclude che forse il male che lui ha dentro, forse è davvero troppo poco in confronto a ciò che Jingim prova ogni giorno. Eppure l'ha sempre sopportato in silenzio, ha guardato lui che si avvicinava con facilità disarmante a suo padre, tanto che pian piano si è visto quasi sostituire.
Marco sa che non è così. Sa anche che non ha parole per dirglielo, ora, in modo che possa capire. Sa che Jingim è amato, che deve solo aprire gli occhi e rendersene conto. Jingim se ne va nel buio, così come se n'è andato, lasciandosi dietro solo un odore forte di sesso. Marco si accascia di nuovo, dolorante, steso di nuovo sotto le coperte mentre qualcosa cola fra le sue natiche. È stato sporco, è stato vile, probabilmente, ed ha ancora freddo, ma lo ha capito così bene. Così bene che vorrebbe potergliene parlare senza trovarsi di fronte muraglie impossibili da abbattere. Pensa a suo padre, ed un pugno si abbatte sul pavimento. Nemmeno lui lo capisce, il proprio, ma almeno ora ha qualcosa in comune con Jingim.
Il principe torna a letto, guarda di nuovo Kokachin che non si è mossa di un millimetro, e d'un tratto la sente ancora più lontana di prima. Lei sarà la sua Imperatrice, un giorno, eppure non può vederla come tale. Con Marco, ora, sa che ha un legame. Ma lei è bella, molto bella, specialmente nel sonno, ed il suo affetto per lei lo scalda, finalmente, mentre la osserva con gli occhi morbidi, fino all'arrivo del sonno.