31 December 2017 @ 01:33 pm
[BOKU NO PICO] hold your breath, count to ten, fall apart and start again  
Titolo: something rotten
Fandom: Boku No Pico
Personaggi: Pico/Tamotsu
Genere: erotico, angst, introspettivo
Avvertimento: pedofilia (o comunque si parla di pedofilia), future fic, what if?
Parole: 3504 per finire l'anno in bellezza \o\
Note: allora, avevo già scritto una fic su BnP, però allora la presi un po' alla larga perché il tema mi metteva un po' a disagio... invece questa volta il prompt mi ha detto un po' di più di quello che mi aspettavo.
PREMETTO CHE L'ARGOMENTO È MOLTO DELICATO, L'AVVERTIMENTO L'HO MESSO QUINDI NON LEGGETE SE IL TEMA VI FA STARE MALE.
Detto questo, Boku No Pico è un anime dimmerda non perché tratta lo shotacon ma perché lo tratta MALE. Ci sono troppe cose che non hanno senso, soprattutto mi è rimasta la domanda sul "CHE CAZZO DI FINE HA FATTO MOKKUN". quindi questo prompt mi andava a pennello.
Per il resto, è tutta colpa di chiunque abbia promptato questo fandom, questo pairing e "Seme!Pico, 10 years later" al pornfest. Ah, e crossposto come prima fic per la Maritombola di quest'anno! Il prompt è "10. Bambola rotta. Prendetela per la ficcy dimmerda scritta dall'autrice dimmerda che è, ok?


"Mokkun?"
Dieci anni passati a guardarsi alle spalle. Certo, non costantemente. A volte la vita passava in mezzo ai pensieri, a volte il lavoro lo occupava troppo. Ma c'erano sempre quelle ore passate a letto, accanto a una donna con cui parlava, in cui temeva possibilità come questa.
È da dieci anni che non si sente chiamare così. Il fatto che accada nel bagno pubblico di una stazione dei treni, nel momento più banale della giornata, non fa altro che aumentare la pressione del masso che all'improvviso gli è caduto nello stomaco schiacciando tutti gli organi e costringendolo a voltarsi col cuore che sembra fermarsi per qualche secondo.
Di fianco a lui, c'è un ragazzo. Deve essere dell'età che lui aveva quando-
"Come, scusi?"
"Sei Mokkun, giusto? Ti riconosco. Hai ancora la faccia da sprovveduto," il giovane uomo in piedi accanto a lui, con solo un piccolo pannello divisorio fra loro, dice con un sorriso che a prima vista pare sereno. Subito dopo, pare il ghigno di una volpe.
"Pico?"
La voce si abbassa e gratta - col fiato bloccato in fondo alla gola è difficile parlare.
"Allora ti ricordi di me!" Pico risponde, con un sorriso che gli si allarga sul viso, completamente disteso, che gli rende l'espressione quasi luminosa.
"Sì, diciamo... diciamo di sì," Tamotsu mormora aggrottando le sopracciglia con sospetto. "Sei venuto a cercarmi?" Chiede poi, chiudendo i pantaloni dopo aver finito quello che doveva fare.
Si è guardato alle spalle in ogni momento in cui credeva di essere osservato. Si è guardato alle spalle quand'era da solo, ha persino cambiato casa ogni due anni per evitare di essere rintracciato. Eppure Pico l'ha trovato qui, dopo una giornata di lavoro, mentre tornava a casa da sua moglie che lo aspetta sempre, sempre con lo stesso sorriso di qualcuno che si aspettava di più dalla vita ma si deve accontentare.

Però Pico non sembra spaventato, o arrabbiato, o in qualsiasi modo turbato dal vedere quello che dieci anni fa, quando lui aveva solo dodici anni, si è preso il suo corpo e forse anche un pezzo del suo cuore che non tornerà mai più, un embrione nato prematuro e cresciuto malformato.
Tamotsu si volta di scatto, pronto a correre fuori, ma delle dita si avvinghiano attorno al suo braccio e subito dopo un altro braccio si assicura attorno a lui, con la testa di Pico che preme contro la sua schiena.
"Offrimi da bere."
Sarebbe meglio ignorarlo, ma Tamotsu non può fare altro che voltarsi, quando degli sguardi si rivolgono su di loro da parte dei passanti con meno fretta di salire su un treno, guardando un uomo avvinghiato al braccio di un altro.
"Pico, per favore, lasciami in pace." Ci prova a mantenere la voce calma e a sostenere il proprio tono, ma c'è un tremore nel suo petto che non glielo permette. Pico solleva lo sguardo guardandolo dal basso, con gli occhi che si fanno grandi e brillano di malizia.
"Non mi dicevi questo, dieci anni fa. Forza, Mokkun, non fare i capricci." Per un momento pare che la sua voce sia tornata quella di un ragazzino che giocava sulla spiaggia nudo, un ragazzino che lavorava al bar del nonno con un vestitino corto e succinto, un ragazzino che non ha mai ricordato quella estate come una delle altre. "Offrimi del sakè. Facciamoci una chiacchierata!"

"Ooooh, allora ti sei sposato!" Pico cinguetta con un risolino, seduto a gambe incrociate mentre trattiene il bicchierino fra le dita. Un altro. Lo butta giù in un movimento solo, e subito dopo guarda Tamotsu con la mano che si muove veloce verso la sua coscia. "Allora sei cresciuto, Mokkun."
Tamotsu rimane in silenzio, con la scusa del bere due shot di fila, e poi annuisce guardando il tavolino lucido e pulito senza alzare lo sguardo.
"Ti senti in colpa?" Pico chiede dopo qualche secondo, e la sua voce suona più vicina. "Non avresti dovuto andartene senza farti più sentire."
La testa di Tamotsu si volta di scatto, con un'espressione sorpresa e gli occhi larghi, increduli.
"È questo che ti disturba più di tutto?"
"Beh, non è bello quando un uomo ti toglie il primo bacio e la verginità, quando un uomo ti fa guardare tutto quello che avevi sempre fatto come se fosse una stronzata e come se non avessi il diritto di essere un bambino," Pico risponde senza perdere un colpo, e gli occhi brillano di rabbia per un momento, ma poi prende di nuovo la bottiglia e si versa ancora un po' di sakè. "Ma sì, il fatto che te ne sia andato come se non fosse successo niente è quello che mi ha... disturbato di più."
Tamotsu deglutisce, guardandosi attorno con le spalle che si irrigidiscono e lo sguardo che torna verso il basso mentre del gelo si avvolge attorno a lui.
Eppure le finestre sono chiuse e l'aria è calda.
"Però sono andato avanti, certo che non sono rimasto a pensarci su tanto. Ho finito di andare a scuola, e adesso sto facendo l'università," Pico continua, prima di deglutire ancora sakè. Dev'essere il decimo bicchierino che butta giù come fosse acqua, ma pare veramente poco influenzato dall'alcool. Invece Tamotsu appoggia il suo, di bicchiere, decidendo che per oggi ne ha avuto abbastanza.
"Hai... hai trovato una fidanzata? O... insomma, qualcuno?" Tamotsu chiede, sperando che l'equilibrio che Pico pare aver raggiunto da solo si sia esteso a tutti gli ambiti della sua vita.
Pico sorride, sostenendo il suo sguardo.
"Ho fatto sesso. Tanto sesso."
Però poi distoglie gli occhi, più che altro per guardare la sua mano mentre versa ancora sakè, e riempie anche il bicchiere di Tamotsu.
"Un altro giro per noi, Mokkun," dice con la voce sottile, avvicinandosi ancora. E a questo punto le loro spalle si toccano, mentre lo guarda e allunga il collo in un modo davvero troppo esplicito perché possano rimanere in un locale pubblico a bere.
Il corpo di Pico non è cambiato molto. Certo, è diventato più grande e meno simile a quello di una ragazzina. È alto, ha tagliato i capelli e li ha tinti di nero, ma gli occhi... quelli sono rimasti identici. Il suo viso si è solo affilato un po' di più, e facendo un po' di attenzione Tamotsu può anche scorgere un po' di barba chiara sul suo mento. Non è più un bambino, ma è comunque il suo Pico.
"Mokkun, andiamo in un posto dove possiamo essere soli."
Gli arriva in un sussurro proprio all'orecchio, e il viso gli diventa completamente rosso mentre deglutisce ancora guardando il ragazzo più giovane che fra poco potrebbe salirgli in braccio. Le sue intenzioni sono chiare, ma Tamotsu si sposta sedendosi un po' più in là.
"Non... non credo sia... appropriato," risponde, per poi sbiancare subito dopo quando si accorge della mano che silenziosamente ha preso a salire su per la sua gamba. Tamotsu salta in piedi praticamente subito, con gli occhi larghi il cuore che trema per il terrore mentre fissa il ragazzo che ora sbatte le palpebre con l'aria più innocente del mondo. La cui espressione poi diventa fredda, gli occhi duri e penetranti.

"Siediti."
Tamotsu non ha motivo di obbedire. Non ha motivo per abbassarsi di nuovo, e riprendere il suo posto accanto a Pico. Ma Pico gli sta dicendo - soprattutto rinfacciando - così tante cose, senza parlare, che Tamotsu sente il peso di tutte immediatamente, tutte insieme.
E così si guarda di nuovo attorno, scusandosi in silenzio con tutti gli altri clienti del locale, prima di sedersi di nuovo e lanciare solo un'occhiata a Pico che ora sorride con aria dolce, e gli fa l'occhiolino.
"Allora ce l'hai, una coscienza."
"Ascolta, mi dispiace. Non... non avrei dovuto fare... quello che ho fatto," Tamotsu dice velocemente, a voce bassa, piegandosi verso Pico. "Sono una persona diversa adesso. Sono sposato, se potessi tornare indietro...-" Bugie. "-S-se potessi tornare indietro non..."
"Lo faresti di nuovo," Pico risponde, con la voce un po' più alta. "Quella persona eri tu, e sei tu ancora adesso. Altrimenti, perché avresti detto di sì? Anche oggi, mi è bastato insistere solo un po' per farti cedere." Subito dopo Pico ridacchia, e versa il sakè rimanente nel bicchiere di Mokkun, e accompagna la sua mano alle sue labbra. E Mokkun non resiste, troppo impegnato a fissarlo e chiedersi cosa Pico sia diventato, per colpa sua.
"Hai ragione," risponde, e col cuore che riprende a palpitare pieno di terrore si copre il viso con entrambe le mani. Anche perché, fra una parola e l'altra, le cose che vede hanno cominciato a danzare. "Hai ragione, non... ti ho rovinato la vita. Ti ho... ti ho tolto una vita normale, ti... ti ho... ti ho rovinato, ti..."
"Non esageriamo," Pico risponde, secco e indifferente ai vicini di tavolino che si sono voltati. "Vieni con me." Si alza, senza traballare, e tende la mano verso il basso, verso Tamotsu che lentamente torna a guardarlo.
"Cosa?"
"Vieni." L'ordine è perentorio e non ammette altre domande, ma Pico glielo rivolge con la voce dolce e invitante, suonando ancora alle orecchie di Tamotsu come la voce di quel ragazzino che voleva essere sollevato per guardare il mare attraverso un binocolo.

"Ho avuto una adolescenza diversa da quella degli altri. Ho insegnato ad altri ragazzini della mia età a fare sesso, e stavamo facendo sesso in tre prima che altri ragazzini avessero il loro primo bacio," Pico racconta, seduto sul letto del piano di sopra, con una bottiglia nuova di sakè in mano, che versa sul suo bicchierino. "Ho avuto tanti ragazzi e ragazze, e la prima cosa che chiedevo loro era sesso. E ad un certo punto, non sono riuscito a desiderare nessuno che non avesse almeno otto... o dieci anni più di me," continua, per poi buttare giù un altro bicchierino. Se non altro, pare che finalmente tutto quel sakè stia avendo effetto, visto il modo in cui le palpebre gli si abbassano e le sue spalle si afflosciano. "Ma non hai mai avuto il potere di rovinarmi. Non mi hai rotto come fossi una bambola. Non è una cosa che una persona sola può fare, e dopo quell'estate la vita mi è andata... abbastanza bene. Mi sono adattato. Mi sono fatto degli amici. Non ho avuto la vita che avevo immaginato, ma sono qui e non sono rovinato, o distrutto. Da quella estate, altri uomini hanno cercato di mettermi le mani addosso, ma dopo di te ho imparato come comportarmi, quindi... se non fossi stato tu sarebbe stato un altro."
Tamotsu deglutisce con lo stomaco chiuso, l'amarezza che finalmente gli brucia le budella sembra che voglia salire su per la sua gola.
Pico pare stranamente tranquillo, nonostante stia parlando senza freni di pedofilia come se fosse un argomento di discussione normale.
"Non guardarmi così. Quello di cui sto parlando me l'hai fatto tu."
Il cuore di Tamotsu si blocca ancora.
"Però sai," Pico aggiunge di nuovo, poggiando il bicchierino sul comò, "a questo punto quello che mi ha fatto più male, pensandoci poi, è che tu... non mi abbia più parlato. Mi hai preso, usato e buttato via."
I pugni di Tamotsu si stringono, e finalmente torna a guardare Pico, quello che non è più un ragazzino, e che ora lo guarda con una onestà che taglia i segni di ubriachezza.
"Non volevo che... ho avuto paura."
Pico lo guarda, e finalmente per la prima volta da quando si sono reincontrati, distoglie lo sguardo e fa trasparire un po' di quella tristezza che si è portato dentro.
"Già."
Passa qualche secondo di silenzio, ma è Tamotsu a spezzarlo.
"Non avrei dovuto lasciarti così."
"No, non avresti dovuto."
"Era mia responsabilità che tu stessi bene. Non avrei dovuto toccarti, per cominciare."
"Già, non avresti dovuto."
Pico stringe le labbra fra loro, e per un momento pare abbia gli occhi lucidi ma poi li punta di nuovo in quelli di Tamotsu, di nuovo con un velo di tranquillità.
"Ma è andata così. Non voglio vendicarmi. Non mi ridarà indietro quello che mi hai tolto, quindi che senso avrebbe? Volevo solo... parlarne. Ora che abbiamo parlato, mi sento un po' meglio," dice, anche se in fondo alle pupille rimane il fondo di un mare inesplorato che a Tamotsu ha fatto paura fin dall'inizio. Pico non sorride più, ma allunga la mano e prende quella di Tamotsu avvicinando il proprio corpo, con gli occhi quasi predatori che lo tengono immobile come se fosse un serpente.
"Sai che tutti i ragazzi che ho avuto da quell'estate in poi assomigliavano a te?" Chiede con la voce soffice e bassa, prima di baciare la guancia di Tamotsu una volta. E poi due e tre, finché le sue labbra non prendono a disegnare i passi di un cammino giù per la gola dell'altro. "Sei diventato... il mio ideale."
"Pico..."
"Mi sono masturbato così tante volte pensando a te. Immaginando un momento come questo," Pico continua, ignorandolo, con la voce che si fa più bassa fino a suonare quasi come un sussurro. "Una volta mia madre mi ha beccato mentre mi masturbavo chiamando il tuo nome... mi sono dovuto inventare una cosa assurda per spiegarle il perché." Ridacchia, prima che cominci a leccare il lobo dell'orecchio di Tamotsu. E quello si irrigidisce, ma non si muove lasciando che Pico si arrampichi su di lui fino a posizionarsi sul suo grembo, lasciando che continui a lasciare baci brevi, leggeri e frustranti sulla sua pelle. Non si può rifiutare, non potrebbe mai farlo, non dopo tutto quello che ha fatto. Forse, tutta l'angoscia che si arrampica su di lui come una edera se la merita. Merita di passare tutta la vita masticato dall'angoscia.

"Spogliati, Mokkun."
"Per favore..."
"Adesso comando io," Pico lo interrompe in tono lapidario, spingendo il bacino contro di lui, e Tamotsu lo sente strofinarsi duro contro la sua coscia. "Scopami e smettila di fare finta che ti dispiaccia per me."
Tamotsu lo guarda, tutto rosso in viso e con il fiato sospeso.
"Allora è una punizione, vero? Mi stai riprendendo? Mi farai foto? Mi...?"
"Cosa? Ti sembro un agente segreto? Quelle sono robe che capitano negli hentai. E nemmeno lo farei. No, voglio solo che mi scopi come quando mi hai preso la verginità. Voglio sentirti di nuovo dentro di me, Mokkun, voglio smettere di pensare a te." Pico risponde in un sibilo arrabbiato e spazientito. "Scopami e smettila di frignare."
Pare che la sua personalità sia cambiata completamente, nei minuti passati, e Tamotsu rimane immobile per un po', prima di slacciarsi i pantaloni, cedendo finalmente.

Tamotsu ci ha pensato, qualche volta. Ha ricordato quanto stretto fosse Pico, dentro, quanto caldo e morbido, quanto carina fosse la sua voce quando gemeva e quanto morbida fosse la sua pelle.
Adesso è diverso. Pico non è più sprovveduto e non ha più gli occhi innocenti come una volta. Adesso si offuscano per il piacere, adesso lascia che la voce esploda fuori dalla sua bocca, adesso è lui a guidare le azioni di Tamotsu.
"Più forte, Mokkun... ancora," sussurra, con la voce piena di piccoli tremolii e con le gambe che si stringono attorno a lui. "Così... continua così," dice poi, una volta che Tamotsu ha preso il ritmo desiderato.
"Bravissimo, Mokkun." Sorride, per poi leccargli le labbra. "Sei un bravo schiavetto."
Tamotsu lo guarda con gli occhi che si aprono appena, lo guarda fra le ciglia e sospira fra un ansito e l'altro mentre il piacere gli si avviluppa attorno rendendo il suo corpo caldo e agitando la sua mente finché non può più formulare nemmeno un pensiero. Pico si stringe attorno a lui ad ogni spinta, adattandosi al ritmo di Tamotsu, eppure ancora non ha pensato al proprio, di piacere. Mokkun allunga una mano tentando di tenersi in equilibrio con l'altra, ma Pico lo ferma afferrandogli il polso.
"No... no, prima voglio che tu mi venga dentro."
Non ha tempo né voglia di protestare, quindi Tamotsu torna a reggersi su entrambe le mani, con le braccia indolenzite per lo sforzo, ma continua a guardare in giù, verso Pico, cercando di non chiudere gli occhi. Perché prima o poi dovrà sostituire il suo ricordo di lui con il viso che ha ora. Perché fino ad ora, non è riuscito a guardare Pico senza sovrapporre al suo viso quello che aveva da bambino.
"Sto per-"
"Vieni," Pico ordina immediatamente, incoraggiandolo a raggiungere l'orgasmo con i fianchi che si muovono più forte, più esageratamente, accompagnandolo fino al limite per poi pian piano rallentare quando il suo corpo avverte il liquido caldo che lo invade. Pico chiude gli occhi per qualche secondo, col corpo che piano piano si lascia andare sul materasso fino a sembrare che qualcuno abbia appena finito di fargli un massaggio rilassante. Tamotsu rimane sopra di lui, con la spossatezza che lo fa tremare per la voglia di buttarsi a sua volta, ma rimane a guardarlo e aspetta.
"Mokkun, usa la bocca. Come quella volta in macchina," Pico dice, finalmente, pian piano con la voce flebile, ma apre gli occhi e lancia a Tamotsu uno sguardo difficile da interpretare. Forse è per rinfacciarglielo, forse è nostalgia. Mokkun non lo sa, Mokkun non lo può davvero sapere, quindi si limita ad abbassarsi, ad inchinarsi finché non prende a leccare il sesso ormai potente e ben eretto del ragazzo che una volta ne aveva uno piccolino e appena sviluppato.
"Anche questo è cambiato, eh?" Si azzarda a osservare, guardando Pico con un piccolo sorriso scherzoso, ma il suo cuore accelera per qualche secondo mentre la sua espressione cambia subito vertendo sull'atterrito. Sembra un attacco di tachicardia.
Pico sembra pensare esattamente quello che gli è appena passato per la mente, perché aggrotta le sopracciglia e fa una smorfia.
Ma poi risponde, "certo. Sono cresciuto. Sono un uomo adesso."
Pare offeso, ma a Tamotsu sembra che Pico sia più infastidito dal fatto che sia una frase vagamente condiscendente, piuttosto che dal generale cattivo gusto dell'affermazione.
A Tamotsu viene quasi da ridere, nonostante tutto; invece scopre la punta del sesso, con una perlina di liquido quasi trasparente che danza sulla fessura in cima. E poi avvolge le labbra attorno ad essa, iniziando a succhiare piano ma con forza. Proprio come allora.
Pico chiude gli occhi, inarcando la schiena, e improvvisamente gli torna in mente la stessa sensazione, lo stesso piacere improvviso di quella volta, quando Mokkun gli succhiò il pene nel retro di una macchina a noleggio parcheggiata. Fra tutti i dettagli, quello che ricorda più vividamente è il gelato. Fra un gemito e l'altro, gli viene da sorridere, ma poi quando la bocca di Tamotsu lo avvolge con più decisione, gli viene in mente il resto.

Gli viene in mente il messaggio di un fidanzato, ricevuto all'inizio dell'università.
'Non sono sorpreso che nessuno ti sia rimasto accanto. Sembra che a te interessi solo il sesso, non conoscere le persone. O forse non ti fidi? Comunque non voglio più stare con te.' O qualcosa del genere.
Se fosse stata la prima volta che qualcuno gli diceva quelle stesse cose, non avrebbe ricordato la prima.
'Perché non puoi fidarti di me?'
'Sembra che ogni volta che qualcuno ti si avvicina, tu li spinga via. Perché? Perché cerchi altre persone se poi le devi rifiutare e buttare via?'
'Sei senza cuore. Sei uno stronzo.'
'Non chiedermi mai più nulla.'
'Sei sporco, sei indecente. Nessuno ti vorrà mai se continui a comportarti così. Vergognati.'


La voce gli trema quando chiama il suo nome.
"Ah, Mokkun..."
Sapeva che quelle cose gli sarebbero tornate in mente, ma il petto pare lo stesso essere pieno come d'acqua, e che Pico non possa respirare.
"Mokkun... più forte." Per coprire con la propria voce quelle della gente che non sapeva e non avrebbe mai capito. "Mangiami."
Tamotsu rallenta i movimenti della propria testa, guardando Pico con lo sguardo confuso e gli occhi che si allargano, ma continua comunque a far ondeggiare la testa per prenderlo più a fondo, fino alla gola dove una volta Pico non sarebbe potuto arrivare.
"Mokkun..." Pico continua a chiamarlo, e stringe le mani attorno alla sua testa mentre i suoi fianchi cominciano a muoversi contro di essa, fino a scopargli la bocca come tanti uomini più vecchi di lui hanno fatto con la sua, in questi anni. "Mokkun-"
Tamotsu chiude gli occhi, accettando ogni movimento come fosse un castigo, quasi desiderando di soffocare, ma quello non succede. Invece Pico si lascia andare nella sua bocca, riempiendola di sé e trattenendolo lì, costringendolo a deglutire per poi, piano, lasciargli andare i capelli.
"Mokkun..."
Pico ha una lacrima sulla guancia, evidente come una crepa su un vaso.
"Non abbandonarmi, stavolta."
Tamotsu rimane finché Pico non si addormenta. Nei suoi occhi ha visto troppo, troppo dolore e troppo disastro. È colpa sua... ma non può farci niente, giusto?
Così una volta che Pico si è messo a dormirgli contro il petto, tutto accoccolato come un bambino, Tamotsu si alza piano, rivestendosi silenziosamente, e con già in mente l'idea di trasferirsi e cambiare lavoro esce dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.