17 February 2020 @ 08:06 pm
[EVANGELION] Di cuccioli e coccole  
 

Titolo: Di cuccioli e coccole

Fandom: Neon Genesis Evangelion

Personaggi: Shinji/Kaworu, Asuka, Misato, gattiniiii

Genere: commedia

Avvertimenti: AU, pwp

Parole: 2017

Note: COW-T10, terza settimana, M1.
Ho fatto che questa è una AU/loop molto più chill del solito dove più o meno tutto è uguale ma c'è un po' meno male di vivere, ecco. Perché no, non sono in grado di affrontare i temi di Evangelion con il livello di psicanalisi che merita XD sono una persona sciocca, e quindi scrivo cose sciocche e semplicistiche. Ma mi piace così. Mi metta pure le manette ai polsi, agente. Anche per il titolo, per quello mi merito la condanna di primo grado per banalità colposa.



È caldo, caldissimo, soprattutto nell’appartamento stretto e pieno di cose, persone, respiri caldi, acqua nell'aria che lo ricopre come un velo sottile ma soffocante. È caldo e non c’è niente da fare, Tokyo 3 ozia sofferente sotto il sole e Misato forse sarà cascata nel sonno più caotico possibile, dopo essersi riempita di birra, o così gli sembra dai suoni tintinnanti delle lattine cadute tutte insieme dal tavolo quando, chiaramente, ci si è accasciata sopra.
Le cicale friniscono così forte che spesso non riesce nemmeno a seguire il filo dei propri pensieri, in giorni come questo. Soprattutto in giorni come questo, quando ne ha tanti, così tanti da fargli venire mal di testa. 

Papà, principalmente, come sempre. E quella stranissima sensazione che gli sta afferrando le budella da mesi, da quando ha incontrato Kaworu. Ancora di più da quando Kaworu l’ha guardato dicendo qualcosa di incomprensibile sull’amore. Qualcosa che Shinji non riesce ad interpretare, non dopo una vita di voci dentro e fuori di lui che ripetevano il solito ritornello, costruendo un muro contro tutto il resto. Voci scure, monotone, basse e sommesse ma in qualche modo più forti di qualunque altra.


Però meow

Shinji, a pancia in su con gli occhi fissi sul soffitto, sbatte le palpebre risvegliandosi dall’abisso dei suoi pensieri. I suoi occhi ruotano intorno alla stanza. Meow, davvero? 

Meow

Si alza a sedere dritto, come se una molla avesse fatto balzare la sua schiena via dal materasso. 

Era davvero un meow, non se l’è immaginato per qualche motivo. 

Il meow continua, fragile, seguito da una trafila di piccoli suoni ad echeggiarlo. Scende dal letto, sa cosa sia un meow ma proprio oggi? Proprio qui? 

Si mette in ginocchio, guardando sotto il letto. 


Nell’oscurità parziale, un paio di occhi si alza su di lui lampeggiante, guardingo, malfidato. E premute contro il ventre caldo della gatta esausta sotto il suo letto Shinji scorge tre palline, due scure e una più chiara, che si stiracchiano pigolando incessantemente, piano ma, Shinji suppone, il più forte possibile per i loro piccoli polmoni. Affermano la loro vita. 

Per Shinji il primo segno del fatto di essere al mondo in questo momento è che il cuore ha preso a battergli all’impazzata, in modo sconnesso, confuso. Le mani che sudano, come se si trovasse a bordo dell’EVA. 

Solo che adesso non c’è un set di comandi da operare, né istruzioni da seguire. Salta in piedi e, scrollandosi l’ozio di dosso corre in cucina e trova Misato esattamente dove sapeva di trovarla - accasciata sul tavolo, circondata da svariate lattine di birra scadente. 

“Misato! Svegliati, Misato!”

Gli ci vogliono un po’ di scossoni prima di svegliarla, eppure lei è l’unica persona più o meno responsabile ce conosce: Asuka è fuori discussione.  

“Mmm-eh?” Bofonchia lei, aprendo un occhio e lanciandogli uno sguardo vitreo. “Che vuoi, Shinji?” 

“Una gatta ha partorito sotto il mio letto!” Shinji dice, gesticolando. “Non so cosa fare!” 

“Chiama il veterinario,” lei gli dice, stropiacciandosi gli occhi e alzandosi in piedi. Non sembra barcollare troppo, il che è un buon segno. Almeno per gli standard in cui vivono. 

“E dove lo trovo il numero? E che gli dico? Cosa devo fare?”

Misato sbadiglia, già arresa. 

“Lascia stare, chiamo io.”


“Sembrano stare bene, e anche la madre,” dice la giovane veterinaria rialzandosi dopo aver ficcato metà del proprio corpo sotto il letto di Shinji. “Però lasciateli dove sono per un po’, al massimo assicuratevi di tenere dell’acqua e del cibo a disposizione per la madre e per le prime due settimane cercate di non toccarli, lasciate che sia la madre a pren-”

Shinji non sente il resto, che viene sostituito da un peso nel petto che crolla giù verso le viscere. 

È… troppo. Non si fida nel prendersi cura di sé stesso, per non parlare del prendersi cura di quattro gatti, tre dei quali estremamente fragili. E se facesse un errore? Non ha mai fatto altro che sbagliare, non sarebbe una sorpresa, ma qui ci sarebbero tre piccole vite da proteggere. Senza l’aiuto dell’EVA, e senza un nemico individuabile da combattere. 

C’è solo una persona di cui può fidarsi, solo un essere umano che sicuramente saprà come farglielo affrontare. 

Fortunatamente, Kaworu risponde quasi subito al telefono, cortese e gentile come sempre - e pure quando sente della novità non pare scomporsi minimamente. 

“È una bellissima notizia, posso venire a vederli?”

Kaworu a casa sua - sempre una incognita, ma va bene così. 

“Vieni pure, non c’è problema.”


Ed è così che Shinji si ritrova a dormire con metà dello spazio a disposizione e a condividere gli spazi con una persona in più, dato che Kaworu si è installato nell’appartamento di Misato senza neanche chiedere, con la testa quasi costantemente seppellita sotto il letto e con la pretesa che anche Shinji sia lì, il più possibile. 

“Perché sei il padre, Shinji-kun,” gli ha spiegato. “È importante che tu ci sia.”

Mio padre non c’è mai stato e sono fisicamente sopravvissuto, Shinji gli vorrebbe dire senza addentrarsi in una discussione sul suo stato psicologico, ma ha come l’impressione che se lo dicesse ad altra voce Kaworu lo placcherebbe, lo metterebbe a sedere da qualche parte e si impegnerebbe per ore ad analizzarlo e cercare di sistemare il suo passato. Cose impossibili da fare, eppure Kaworu spesso sembra convinto che basterebbe qualche parola saggia a cambiare le conseguenze di più di un decennio di… tutto quanto. 

E non ne ha voglia. Anche se, alla fine, si decide anche lui ad infilarsi sotto il letto. Se non altro, perché la presenza di Kaworu parrebbe l’unica cosa in grado di tenere la sua mente completamente lucida. 

“Ho letto da qualche parte che dopo due o tre settimane bisognerebbe abituare i cuccioli al contatto con gli umani,” Kaworu aggiunge, allungando la mano e sfiorando delicatamente i cuccioli mentre la madre, ormai completamente abituata alla sua presenza, si defila un momento in favore della ciotola col cibo. “Quindi perché non li prendi in mano?”

“Sono ancora troppo piccoli, ho paura che potrei far loro del male,” dice Shinji con aria assente. Kaworu lo guarda, e delicatamente spinge uno dei gattini, quello nero, verso di lui, con così tanta instistenza da costringerlo ad accogliere il piccolo felino fra le mani.


E subito Shinji ne sente il calore. La consistenza, e la fragilità. Lo guarda, il gattino tutto nero che si guarda attorno confuso, per poi guardarlo dritto negli occhi. 

Meow, dice, e Shinji sente la necessità di accarezzarlo piano, con cautela: come se fosse il gattino, quello pericoloso fra i due. 

Sicuramente è già il più coraggioso e sfrontato, visto il modo in cui, due secondi dopo aver preso contatto con le mani di Shinji, abbia già cominciato a mordicchiarle. Shinji osserva i dentini bianchi aggredire la sua pelle, non senza un certo senso di fascinazione. 

Se anche lui avesse attaccato da appena nato, senza esitare, se avesse morso i suoi primi anni di vita così, senza chiedere nulla a nessuno, se non fosse così passivo, dove sarebbe adesso? 

Se avesse saputo fin dall’inizio che non si sarebbe dovuto aspettare nulla da nessuno, quanto tempo avrebbe risparmiato invece di sprecarlo a chiedersi tutto ciò che si chiede a tutte le ore del giorno? 

Questo gattino avrà due o tre settimane, e parrebbe aver già capito tutto. 

Shinji sorride: starà bene. 


“Guardalo, è assurdo! Stupishinji, esci da sotto il letto e aiutami!” Asuka lo apostrofa interrompendo il momento, e Shinji la guarda da sotto l’orlo della coperta, ovviamente scocciato, mentre lei e Misato rientrano dal loro giro di spese. 

“Fuuu, fa troppo caldo là fuori, accendiamo il condizionamento?” Misato interviene, mentre Shinji lascia che il gattino torni fra le sorelle e guarda la gatta bere tranquilla. Dovrebbe essere tutto a posto se li lascia stare qualche minuto. 

“Misato, dì a Shinji che non ho intenzione di fare la sguattera per lui, o per quell’altro tizio,” Asuka continua, puntando il dito su Kaworu. “I gatti staranno bene, perché Kaworu è ancora qui?” 

“Dài, dài, che ti cambia? Tanto è Shinji a tenerselo in camera, non è un problema per noi!” Misato ride. “Però sì, Shinji, puoi darci una mano?” 

Il tono sembra meno quello di una richiesta e più quello di un ordine. Shinji ha un rapporto complesso con gli ordini. 

“Sì,” dice, guardandosi dietro le spalle come se i gattini dovessero sparire da un momento all’altro, prima di tornare a preoccuparsi un po’ della vita in casa al di là di quello che succede nella sua stanza. 

“Ti sei affezionato, eh?” Misato lo punzecchia, mentre passa per il corridoio. “Effettivamente sono così carini - forse ne avevamo bisogno.”

“Sono solo altre bocche da sfamare,” interviene Asuka, sorseggiando del succo di frutta fresco. 

“Tanto non ti crede nessuno, Asuka,” dice Misato con un ghigno. “Non devi sempre fare quella fredda, sai?” 

Asuka sbuffa, sollevando il naso. 

“Non sto facendo quella fredda, è solo che non mi piacciono gli animali, e sinceramente siete tutti patetici, sempre con la testa sotto il letto. Non lo so neanch’io perché sto ancora in questa casa.”

Shinji non la guarda nemmeno. Ormai l’ha capito, cosa si nasconde sotto quello che Asuka dice, e non è mai quello che intende dire davvero. 

Però, un po’, il commento l’ha irritato. Per quanto possa sembrare banale, l’arrivo di tre piccoli gattini nell’appartamento non è stato altro che una benedizione. Tenerli in mano un giorno dopo l’altro, prendersi cura di loro e iniziando a sentirli fare le fusa, notare che quando zampettano per la stanza non hanno paura di lui, non lo rifiutano- vuol dire qualcosa. Non è la stessa cosa che avrebbe avuto se solo suo padre gli avesse dato qualcosa oltre al silenzio, ma è qualcosa. Sono degli attimi di gioia e sollievo, quando muove le dita fra la peluria morbida dei loro mantelli e loro fanno le fusa, lo cercano. 

E Kaworu pare conoscere i suoi pensieri meglio ancora di lui. 

“È una bella sensazione, vero?” Chiede, con un sorriso placido, mentre tengono un gattino a testa in braccio, anche se ormai non serve più - sono perfettamente abituati ad essere presi e toccati, ormai. Però sono così morbidi. 

“Eh?” 

“Aiutare degli esseri viventi a sopravvivere, vedere che funziona. È soddisfacente, non è così?” 

Shinji guarda il suo gattino nero, lasciando che gli mordicchi il dito come ormai fa d’abitudine. 

“Sì… è bello,” dice a bassa voce. Avrei voluto che mio padre ci provasse, almeno

Kaworu non dice altro. Qualche volta inizia una conversazione, e poi si ammutolisce, lasciandola sospesa fra loro, ma Shinji ormai ci si è abituato. Va bene così. 

“Secondo te potremo tenerli?” Chiede invece, guardando la gatta mentre mangia tranquilla. Sembra essersi ambientata perfettamente, e già all’inizio sembrava non avere particolari obiezioni al contatto dei suoi cuccioli con un’altra specie. Se lei approva, forse Shinji non sta facendo qualcosa di male. 

“Vorresti tenerli?”

Shinji lo guarda, e poi torna ad osservare i gattini che al momento si sono tutti accoccolati contro le loro gambe. 

Sarebbe una responsabilità, e non ci sarebbe nessun problema con un gatto, ma quattro sarebbero un impegno abbastanza gravoso. Dovrebbe creare qualcosa con ognuno di essi. Eppure ha già cominciato a farlo, e da quando ha iniziato a vederli assieparsi attorno a lui quando torna a casa, gli impegni sono diventati altro. Piacere, forse. E le voci che l'hanno sempre seguito sembrano ammutolirsi un po', quando tiene quelle piccole vite fra le mani.

“Sì, mi piacerebbe,” dice, piano, senza accorgersi di un piccolo sorriso speranzoso agli angoli della sua bocca. 

A Kaworu il dettaglio non scappa, e anche i suoi occhi sembrano illuminarsi, giusto un po’. Semplicemente, gli piace vedere Shinji contento. Dovrebbe accadere più spesso. 

Che poi esista davvero la possibilità di tenere i gatti in casa o no sono già una benedizione, perché gli hanno dato la possibilità di vederlo, quel sorriso. Di metterle a tacere, le voci che sa esistere nelle loro teste. Anche se soltanto per un altro po', va bene stare così. Seduti per terra ad accarezzare dei piccoli gattini pigolanti, senza pensare ad altro. Potrebbero anche viverla, una vita con momenti come questi.