Fandom: RPF
Personaggi: Robert Downey Jr/Jude Law
Parte: 3/6
Rating: PG
Conteggio Parole: 1070 (
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Note: AU. Una storia vissuta insieme, raccontata a piccoli frammenti. Il destino li unisce, ma può anche dividerli. "Raccolta" di flashfic riguardanti una vicenda RDJude di un universo parallelo.
-Jude, ti vuoi sbrigare?- urlò Jonathan, tirandogli addosso una scarpa che lo centrò in piena fronte.
-Ouch! Jonny, stronzo!- rispose, strofinandoci sopra una mano. -Sei proprio uno stupido, sai?!
Jonny roteò gli occhi. Stavano per andare a vedere il loro gruppo preferito e ancora quel poltrone di Jude dormiva. Lui, invece, era in sollucchero.
-Dai, Jude, muoviti! Quanto ti ci vuole?- insistette poi, mentre l'amico si svestiva e cercava qualcosa di decente da mettere. Quando poi lo vide dubbioso con due paia di jeans, gli tirò un'altra scarpa, mandandola sibilante vicino al suo orecchio. Jude si girò e si accigliò.
-Calma! Cinque minuti...
Jonathan sbuffò e lo fissò impaziente. Lo faceva proprio uscire dai gangheri quando faceva il pigro, oltre al fatto che si facesse sempre difendere dagli altri. Lui stesso l'aveva dovuto coprire un sacco di volte ed aveva ingaggiato risse fra ragazzini al posto suo. Però era il suo migliore amico, l'aveva conosciuto appena trasferitosi da New York. All'epoca era un bimbo solo e triste, molto triste. Non gli aveva mai detto perché lo fosse così tanto.
Erano passati otto anni, ormai di quel Jude era rimasta traccia solo negli occhi chiari e nella timidezza riservata. Per il resto, era migliorato sempre più, in tutti i sensi. Qualche volta Jonny si sorprendeva a fissarlo, ancora sorpreso da quel mistero. Come un bambino così potesse diventare un ragazzo brillante, socievole e tuttavia pudico come lui. Ovviamente, pudici non lo erano fra di loro.
-Cinque minuti? Il concerto comincia fra due ore e dobbiamo farci un'ora e mezza di viaggio!
Jude lo guardò.
-Okay, sono pronto.
Come previsto, si ritrovarono in fondo alla venue, proprio fra le ultime file. Jonny lo guardava in cagnesco, pentendosi di non esserci andato da solo, a quel cavolo di concerto.
Nell'aria di ansia, tensione ed eccitazione che precedevano l'abbassarsi delle luci, Jude e Jonathan sembravano due mocciosi il giorno di Natale. Si guardavano sorridendo, adoravano letteralmente quella band. Era stata proprio la comune passione ad unirli, entrambi si sentivano legati da un comune sentire, un senso estetico bizzarro ed estroso: inutile trovare altri motivi per cui proprio i Muse fossero il loro comun denominatore.
Proprio quando le luci si abbassarono e le urla si fecero acute, mentre tutti gli spiriti comunicavano magicamente nella suspance e nella teatralità di quella musica, si sentirono entrambi a casa. Troppo poco cercare di essere capiti a casa, quella era la serata perfetta. Quelle note comunicavano qualcosa che aveva a che fare col Destino, con l'Anima e tutte le idee più alte dell'uomo.
E così furono risucchiati dall'esibizione ineccepibile sotto tutti i punti di vista, dai giochi di luce, dal carisma del frontman.
Durante un pezzo, però, l'attenzione di Jude fu catturata da qualcos'altro.
Si era girato solo un attimo, per osservare il pubblico e stupirsi della partecipazione, quando i suoi occhi ne avevano incrociato un altro paio, così, mentre un fascio di luce proveniente dal palco li colpiva.
Grandi, scuri eppure quasi luminosi, regolari. Profondi, misteriosi.
Vi rimase letteralmente avvitato, respirando piano e rimanendo lì in piedi con un'espressione basita.
Quegli occhi, lui, sembrava riconoscerli, ma non voleva credere ad una coincidenza così ben architettata. Anche l'altro continuò a fissarlo, per quei pochi secondi che sembravano stiracchiarsi fino a diventare un paradosso temporale. Non percepiva più niente, Jude, se non la vista di quegli occhi. Improvvisamente, però, la musica lo trafisse al cuore.
All of the love we left behind
watching the flash backs intertwine,
memories I will never find
so I'll love whatever you've become
and forget the reckless things we've done,
I think our lives have just begun,
I think our lives have just begun...
Non era uno straniero. Lui, quel ragazzo della sua stessa età che presenziava al concerto della stessa band preferita, lo conosceva.
Lo conosceva fin troppo bene, dato che era una parte di sé, una parte del passato che aveva cercato di seppellire in una casa disabitata dall'altra parte del mondo.
L'aveva dimenticato, sì, ed ora tornava da lui nel modo più crudele possibile: in silenzio. Non l'aveva più contattato, non gli aveva nemmeno telefonato o mandato un messaggio, nemmeno una lettera. Eppure lui era l'unico a sapere dove avrebbe potuto mandarla. Si sentiva in colpa, anche se sapeva che cancellare una persona dalla propria vita è crudelmente più facile che affrontare il senso di nostalgia, il pensiero in loop che si è lontani, che non si può più giocare insieme.
Quegli occhi lo colpevolizzavano, lo sapeva, eppure lo attraevano, come avevano sempre fatto.
Lo sillabò soltanto.
-R...o...b…e…r…t.
L'altro capì, annuì.
...and I'll feel my world crumbling
I'll feel my life crumbling
I'll feel my soul crumbling away
and falling away,
falling away with you...
Improvvisamente tutta la sua vita si annullò. Tutto quello che aveva fatto nell'adolescenza fu spazzato via da un solo sguardo, da un'altra esistenza che così tanto aveva marchiato la propria. Erano nati insieme, da quel momento sapeva che non si sarebbero mai più lasciati. Qualsiasi misera scusa avesse addotto, Robert l'avrebbe accettata, lo sapeva.
Jonny al suo fianco era diventato un estraneo, si era azzerato in pochi momenti e non lo sapeva.
Jude continuò a fissare Robert, ancora pieno di sorpresa e di paura. Una paura strana, che lo attraeva verso la sua fonte.
Lentamente, con passi misurati e timidi, senza staccare gli occhi dai suoi, si fece largo fra i ragazzi imbambolati, spingendoli delicatamente di lato, sempre più sorpreso che lui fosse reale. Che l'avesse inconsciamente idealizzato tanto che era arrivato a coincidere con il passato, di conseguenza con un sé che aveva dimenticato. Il bambino.
Il Jude timido e docile che si faceva prendere in giro, quello che si nascondeva dai temporali mentre Robert rideva, quello che diceva frasi sgrammaticate pronto ad essere corretto. Un bambino, sprovveduto ed impaurito da qualsiasi cosa.
A diciott'anni, Jude era tornato indietro, perché posto di fronte al suo migliore amico. O meglio, alla metà separata della sua anima.
Quando ci si trovò a pochi centimetri di distanza non seppe cosa fare, sentendosi uno stupido per tutta quella maldestrezza.
Robert lo fissò sempre con la stessa espressione mentre si avvicinava, poi si limitò ad annuire. L'aveva riconosciuto anche lui.
Sorrise e Jude si sentì morire.
Lo abbracciò d'impeto, stringendolo forte a sé. Non gli importava di passare per finocchio, per un emotivo, per un pazzo. Non gli importava, no.
Ora che erano di nuovo insieme.
Robert, lentamente, lo allontanò da sé e sorrise, poi urlò spezzando forse un pò la magia.
-Vuoi parlare fuori?
Jude si voltò verso il palcoscenico mormorando un piccolo ed insensato "grazie" ai tre uomini sopra il palco, poi lo seguì.
Perché Jude faceva sempre quello che diceva Robert.