30 January 2010 @ 05:21 pm
Titolo: Hate This And I'll Love You
Pairing: JudexRob/HolmesxWatson
Autrici: io e mia moglie [livejournal.com profile] exo_politic
Genere: Romantico, Introspettivo, Erotico
Note: a 4 mani con la mia adoratissima moglieeeeeee *__________________________* ecco, qui volevamo intrecciare i personaggi di Sherlock Holmes con i personaggi reali, come piccolissimo esperimento per il fandom ^__^ ovviamente dedico il mio amore incondizionato alla sopra-citata moglie *///////////////* <3<3<3 certo, ancora Mius, già xDDD loro sono delle vere muse! Ispirano sempre! Comunque speriamo vi piaccia, noi da parte nostra ci siamo divertite un sacco a scriverla XDD


"Cos I was born to destroy you,
And I am growing by the hour"
Muse-
Hate This And I'll Love You


Se non fosse stata solo la scena di un film avrebbe già cominciato a fare il diavolo a quattro. Magari silenziosamente, ma gli avrebbe già mandato segnali di fumo e occhiate omicide in attesa di una bella chiacchierata dopo le riprese. Ma, per l'appunto, si trattava solo di una scena, stava recitando. Ma la cosa che lo faceva impazzire era il dubbio: a Robert stava realmente piacendo? Si stava godendo le labbra di quella donna? La cosa più dolorosa era che si costringeva da solo a seguire ogni gesto di Robert, le sue mani e i suoi sguardi su di lei. Ogni sfumatura delle loro battute, non gli sfuggiva anche se avrebbe voluto sparire da lì.
Si sentiva diviso. Da una parte stava cercando di ignorare in tutti i modi gli sguardi di Rob verso la generosa scollatura della collega, verso i suoi occhi da cerbiatta e i capelli che, selvaggi, le contornavano l’elegante volto di porcellana., mentre dall’altra non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, dal momento che gli sembrava un’offesa tremenda perdersi anche un solo secondo che poteva dedicargli.
Si concentrò sul profilo un po’ rude ma elegante, sugli occhi scuri terribilmente espressivi e contornati da qualche ruga, che al posto di renderlo vecchio e cadente, lo ammantavano di un fascino un po’ satirico, ripreso dalle labbra sempre increspate da un sorriso malizioso.
E poi, il suo sguardo non potè fare a meno di ammirare la forma quadrata e virile della mascella, e il collo, sul quale spuntava qualche vena che sembrava stare lì a pregarlo di avventarglisi contro e morderla e succhiarla .
Mentre la costumista gli porgeva gli abiti per la prossima scena gli venne però in mente qualcosa che si insinuò nel suo cervello con una pulce, provocandogli un sospiro rattristato. Rob e Sherlock non gli erano mai sembrati due persone così distaccate: anzi, sembravano essere semplicemente due facce della stessa medaglia, visto che l’attore aveva sempre mostrato un’arguzia e un’ironia degna del personaggio di Doyle.
Ripensò a quando era uscito dalla sua camera d’hotel con sorriso e il capello in testa alla maniera del detective e gli aveva fatto pensare con ironia, che, come Kirk Lazarus, non si sarebbe mai rivelato finché non fossero stati girati gli extra del DVD, e si chiese improvvisamente se quella fosse la realtà. Alzò nuovamente lo sguardo verso di lui, tenuto stretto tra le braccia morbide e calde di quella donna, che stava iniziando ad odiare con tutto sé stesso, e provò una gelosia tremenda, che sembrava stargli squarciando il petto. E se Rob gli avesse preferito Rachel, quanto Holmes gli preferiva Irene?
Per un attimo perse un battito, senza minimamente rendersi conto che molto probabilmente le sue erano stupide paranoide adolescenziali.
La paura era perfettamente normale, essere infantili lo era ancora di più: quando mai un uomo si è comportato da adulto, se innamorato?
E il dubbio è come l'apnea, agitarsi senza scopo sprecando le riserve di ossigeno, guardando in alto e cercando la luce che, da lassù, illumina gli occhi eppure non ci sono le forze per risalire. E quella fonte di luce e aria sarebbe stata una semplice risposta: Sì o no? E l'impedimento era il terrore che Robert potesse considerarla una domanda stupida, e ridere di lui. Essere uomini non significa non avere paure e sentimenti.
Jude quindi dentro di sé affondava nello sgomento, e da bravo attore non lo mostrava all'esterno. Recitare a volte gli sembrava una trappola, ma indispensabile. Quante volte avevano rischiato di uscire allo scoperto, salvati dal loro talento innato nell'improvvisare, mascherando tutto da scherzo?
Proprio la voce di Robert, profonda, calda, virile e sensuale lo scosse dai suoi pensieri malinconici.
-Judsie?-, ghigno canzonandolo, sapendo benissimo quanto odiasse sentirsi chiamato così.
-Che c'è?-, scattò l'altro, arrossendo lievemente.
Robert lo fissò per qualche secondo, cercando di capire che diavolo stesse pensando.
E Dio, trovarsi a pochi centimetri quei maledettissimi occhi scuri era una tortura, ed era spaventoso, perché sembrava potessero penetrare fino in fondo a tutto il suo essere, ed era incredibilmente meraviglioso.
-Andiamo?-, chiese Robert, ancora dubbioso.
-Se hai finito con le vostre scene melense...-, commentò l'inglese, forse inconsapevole del tono irritato che aveva assunto.
Robert rise.
-Judsie, sei così adorabile quando fai il geloso!-, e fra l'ilarità generale si morse il labbro inferiore, fissandolo intensamente.
-Ma quale geloso e geloso… stavo solo scherzando-, affermò, senza troppa convinzione e voltando la testa, mentre si chiedeva come mai non era riuscito a recitare.
Robert continuò a sorridere con aria di vittoria e gli posò un braccio intorno alla vita con nonchalance, mentre lo conduceva silenziosamente fuori, non immaginando cosa gli sarebbe accaduto tra poche ore.
Poco dopo erano di nuovo negli studi, calati perfettamente nei personaggi.
La scena era quella drammatica dell'esplosione del mattatoio, lunghi e intensi secondi di paura ed adrenalina.
Holmes si svegliò con lo sguardo annebbiato, la testa che pulsava furiosamente e un solo pensiero negli occhi: Watson. Dove fosse, cosa gli fosse successo, e soprattutto come stesse ora erano domande che dentro di lui scoppiavano e facevano tamburellare il proprio petto. Il poliziotto doveva averli visti nei suoi occhi scuri, perché tentando di svegliarlo lo sbatté al muro ed urlò: "Watson sta bene! Scappate!". Oh, grazie al cielo. Gli lasciò un'occhiata di gratitudine sentendosi immensamente sollevato, corse via incespicando e Robert tornò sé stesso.
Jude aveva osservato tutta la scena, avendone finita una parallela, quella in cui veniva travolto dai cocci e dal fuoco. Un'assistente lo stava struccando, blaterando qualche gossip su Megan Fox.
-Allora, Robster, è buona?-, chiese.
-Sì, direi che per oggi abbiamo ufficialmente finito.
Jude credette di cogliere una metà di frase rimasta non verbale, e ghignò a sé stesso.
Ma non era ancora certo che l'ombra che aveva creato lui stesso di Rachel fosse sparita del tutto.
Nonostante ciò, terminate le ultime riprese della giornata, come ormai era solito, si cambiò, per dirigersi nella sua camera d’hotel, ben sapendo che presto Robert lo avrebbe raggiunto, per tenerlo sveglio tutta la notte e farlo arrivare sempre più sfinito, ma soddisfatto, a lavoro il giorno seguente.
Ma quando si girò a cercare il suo sguardo si accorse che stava chiacchierando allegramente con la McAdams, facendola ridere, in quel suo modo cristallino e insopportabile, con qualcuna delle sue migliori battutine, e mostrandole uno dei suoi migliori sguardo da seduttore. Strinse i pugni al punto da conficcarsi le unghie nei palmi, e socchiuse lievemente gli occhi, senza controllare minimamente l’astio, o, forse sarebbe più giusto dire, la delusione. Si guardò un secondo i piedi: si sentiva incredibilmente ridicolo, come aveva potuto pensare di instaurare una relazione che andasse al di là del sesso, con un collega, per di più un uomo, e, peggio ancora, Robert Downey Junior? Era impazzito.
Mentre girava i tacchi per andarsene, il suo sguardo incontrò quello di Robert, che lo fissò un attimo stupito, prima che la sua attenzione fosse catturata nuovamente da Rachel.
Si scusò dicendo di dover andare e lasciando il discorso a metà e si diresse verso Jude, che però era già sparito.

Camera 212. Guardò la porta di legno scuro, decorata con intarsi un po’vittoriani, e la maniglia dorata che scintillava alla luce giallastra dei corridoi, percorsi da una morbidissima moquette rossa. Si chiese cosa sarebbe successo adesso. Si chiese se non avesse esagerato un po’ troppo, si chiese se gli inglesi avessero una sensibilità maggiore rispetto agli statunitensi, o se semplicemente aveva fatto troppo l’idiota. Si chiese se fosse un cretino: era normale farsi venire i sensi di colpa sulla base di un solo sguardo?
Si girò un attimo a fissare la sua porta: stanza 211. Stava per chiedersi chissà quale altra cosa, quando sentì la porta di fronte a lui aprirsi. Jude Law, appena uscito dalla doccia, e ancora semi-bagnato con un solo paio di boxer scuri addosso, lo fissava, poggiato allo stipite della porta con aria calma, e senza minimamente comprendere quando invitante potesse essere in quel momento, con i muscoli svettanti fiocamente illuminati da un luce calda e sensuale.
-Hai intenzione di rimanere qui ancora un po’?-, chiese, maliziosamente.
Robert nascose la sua sorpresa, sotto la solita espressione da macho.
-Cosa c’è, non ce la facevi più ad aspettare?-, disse, spingendolo dentro la stanza con entrambe le mani nella stanza e chiudendo la porta dietro di sé.
Law stava per rispondere a tono,ma Robert non glielo permise, avvolgendo un braccio intorno alla sua vita, adorabilmente sottile, nonostante fosse molto diversa da quella di una donna, e facendogli piegare la testa verso l’alto con una mano maliziosamente portata a carezzargli la nuca.
Ovviamente non attese neanche per baciarlo con la sua solita foga. Né l’inglese si fece attendere a rispondere. Anzi, nonostante i dubbi che entrambi si nascondevano e che contemporaneamente li stavano facendo impazzire, sembravano molto più desiderosi l’uno dell’altro, rispetto al solito.
Con passi lenti Rob, che ormai conosceva la stanza a memoria, fece indietreggiare il giovane, continuando a mordicchiargli le labbra e a succhiargli la lingua senza dargli tregua nemmeno per respirare o per emettere quei gemiti che gli lasciava morire in gola, per poi spingerlo con poca grazia sul letto sfatto.
Gli si gettò contro togliendosi la giacca e lanciandola dietro di sé, per poi iniziare a carezzare e baciare impazientemente il petto di Jude, che, con la testa piegata all’indietro, non tratteneva sospiri e gemiti di piacere. Stava per dedicarsi ai suoi capezzoli rosei, quando il ragazzo sotto di lui lo fermò, prendendogli le spalle con forza e guardandolo negli occhi, senza vergognarsi della lucida eccitazione che vi era nei suoi, sottolineata da un lieve rossore sulle guancie statuarie.
-Aspetta qui che ho una bella idea…-, sussurrò, con malizia.
Rob lo guardò un attimo con sorpresa e poi si sedette al suo fianco, per dargli la possibilità di scendere dal letto. Jude gli disse di chiudere gli occhi e sparì nel living adiacente.
L’uomo decise di non spiare e attese, fino a quando non lo sentì salire nuovamente sulle lenzuola di seta beige.
-Non aprire ancora!-, sentì dire dal castano, frettolosamente.
Poi questi lo prese per i polsi facendogli cambiare posizione, e mettendogli una sorta di bracciali metallici. Per un secondo si chiese cosa fossero… ma poi si accorse di essere finito in trappola: era stato legato, per la seconda volta in una sola gioranta, con delle manette d’oro scintillanti alla testiera del letto. E stavolta c’era Watson a salvarlo… anche se si potesse definire un salvatore, qualcuno messo a cavalcioni su di lui, con uno sguardo tutt’altro che tranquillizzante.
-Judsie, che...
-Non...-, cominciò l'altro innervosendosi, poi si rilassò. -...chiamarmi Judsie.
Prese una delle due mani legate e cominciò a baciargli il polso con le labbra mrbide, lasciando che l'altro mugolasse in un poco convinto segno di protesta. Robert chiuse gli occhi e deglutì buttando la testa indietro sul cuscino, mentre Jude risaliva lentamente lungo l'avambraccio, sempre più vicino alla spalla: percorse la linea del radio, leccò la pelle a lato del gomito e riprese a baciare sensualmente il bicipite magro ma forte, spargendo il respiro caldo su di lui, e nel frattempo muoveva il bacino su quello di Robert, portandolo a gemere sommessamente. Jude alzò per un momento lo sguardo su di lui, e un velo di tristezza e dolore gli coprì gli occhi, poi riprese a toccare, palpare e baciare la pelle bollente di Robert, sentendo la sua erezione premere fra le cosce.
-Jude...-, gemette Robert con la voce roca e spezzata, deglutendo più volte e sentendo quel miscuglio di calore e vertigine all'inguine.
L'altro, all'improvviso, lo prese per i capelli e tirò indietro la testa, facendosi mostrare la gola nuda e scoperta, sulla quale si avventò all'improvviso, poi gli morse il collo. L'urlo di protesta del più anziano non servì a nulla, perché Jude continuò a serrare la mascella sempre più stretta attorno alla clavicola.
-Che cazzo fai?-, gridò Robert, improvvisamente spaventato.
Jude ancora non rispose, ma sfogò la propria rabbia continuando a mordere lembi di pelle sempre più in alto, come un cane che cerca la giugulare dell'altro per ucciderlo.
-Jude!!!
Non ci fece caso. Doveva fargliela pagare. Che ne sapeva lui del senso di impotenza che aveva provato vedendolo flirtare apertamente con quella puttana? Di quanto potesse fare male?
Passò al lobo dell'orecchio, e mentre mordeva impietosamente gli slacciò i pantaloni. Robert protestava vivamente, scuotendosi sul letto, confuso e scioccato.
-Stai fermo, Rob-, ordinò l'inglese, poi gli assestò uno schiaffo.
Robert, che non era affatto il tipo che si faceva sottomettere, si ribellò con tutte le sue forze, ma non poteva nulla contro un paio di manette ed un altro uomo deciso a violentarlo.
-Jude, porca puttana, liberami!-, urlò più forte, ora seriamente preoccupato.
Jude gli tappò la bocca con una mano, e con l'altra si adoperò a togliergli i pantaloni, lo sguardo roventemente fisso sugli occhi neri e selvaggi sotto di lui.
-No-, sussurrò. Per qualche motivo, a Robert vennero i brividi.
Gli inglesi sono assolutamente fuori di testa. Possono impazzire da un momento all'altro, e farlo con sguardo impassibile come quello freddo, glaciale che lo penetrava in quel momento.
Jude, liberato il prigioniero della biancheria, gli accarezzò maniacalmente il petto, il ventre asciutto e l'inguine, giocando con l'eccitazione crescente e colpevole di Robert.
Piegò la testa di lato, osservando il proprio lavoro di stimolo.
-No, non credo che lo farò-, continuò, assorto. Poi tornò a guardarlo negli occhi, folle.
-...perché adesso devi capire un piccolo, semplice concetto.
Con due dita asciutte si fece strada impunemente nell'intimità dell'uomo, che immediatamente sentì una fitta di dolore pari ad una lacerazione, ed urlò. Le mosse dentro di lui, con una calma inquietante, guardandolo soddisfatto mentre pativa il dolore che meritava. E mentre si abituava al calore interno, anche Robert pian piano sentiva il dolore acquietarsi, ma la paura continuava a crescere.
Per la prima volta non traeva godimento da un rapporto sessuale.
Ma la cosa più spaventosa era che in fondo forse voleva essere violentato. Non gli piaceva, ma era perversamente bello.
Si morse il labbro, sudato come il resto del corpo. Poi passò la lingua sul collo del più giovane, mugolando un piacere che cominciava a farsi strada in lui.
-Forza, scopami...voglio sentirti, Judsie.
Jude si fermò qualche istante, poi prese in mano l'erezione di Robert, accarezzandolo lentamente con un ghigno. Robert singhiozzò, provando questa volta un piacere totale e affamato.
Cazzo, lo stava facendo impazzire. Sempre di più.
Strinse le dita sul lenzuolo, aspettando l'orgasmo che si avvicinava, ecco, poteva quasi toccarne la consistenza...
Prima di arrivare al limite, però, Jude si fermò.
Già, perché non poteva farlo bruciare tanto per la gelosia e poi pretendere di ottenere subito un appagamento che non meritava.
Con le lacrime agli occhi, lo guardò a lungo, fino ad inquietarlo per davvero.
-Mi avete tradito, Holmes. Non riesco a perdonarvi-, mormorò, deluso.
Robert aprì gli occhi, e nonostante la frustrazione, attraverso di essa, lo comprese.
-Lo capisco, Watson. Solo vi chiedo di non fermarvi, siete la miglior droga esistente al mondo.
Watson e Jude furono colpiti dal riferimento alla tossicodipendenza. Holmes e Robert avevano avuto più o meno la stessa maledizione.
-...perciò ve lo chiedo di nuovo, scopatemi-, concluse supplicante.
Beh, anche Robert era un bel pò strano, comunque.
Watson nel corpo di Jude si addolcì, e si sdraiò sul corpo di Holmes, sudato e ferito, poi penetrò in lui.
Non avrebbe saputo dire se l'urlo di Holmes fosse di piacere o dolore, ma suppose che fossero entrambi perché entrambi lo soddisfacevano.
-James...-, sussurrò Robert, agitandosi e seguendo il corpo di Watson fra il calore, l'amore e le lussurie al quale lo stava conducendo.
Lentamente Jude si fece spazio dentro di lui e nella sua bocca, con un lungo bacio possessivo, chiarificatore.
Tu sei mio, stronzo americano. Solo e fottutamente mio.
-Rob!-, esclamò Jude, sentendo che di nuovo l'orgasmo si stava avvicinando ad entrambi come uno tsunami.
Spinse sempre più velocemente e sempre più a fondo, perdendo ogni percezione sensoriale tranne quelle della vista e del tatto, amplificato dall'eccitazione.
Holmes inarcò un'ultima volta la schiena mentre Robert urlava il proprio soddisfacimento al soffitto bianco, e Jude spigeva Watson ancora e ancora nelle viscere del miscuglio di dolore e desiderio, travolto dalla passione.
E poi, ormai inutili a questi fini, Holmes e Watson rifluirono nel subconscio degli attori, che si rilassarono lentamente cadendo uno fra le braccia calde e bagnate dell'altro, entrambi sfiniti, i visi rossi e sudati, coi capelli attaccati alla fronte.

Jude ritornò ad essere sé stesso: il dolce, accondiscendente Jude, quello che ogni sera Robert, il Rob malizioso e sensuale, andava a trovare, in cerca di un corpo che lo accogliesse senza troppi se o ma.
Cerco di non farsi prendere dal panico, ma alla fine non potè farne a meno. In ogni caso fece accuratamente a meno di alzare lo sguardo mentre sentiva che Robert non aveva smesso di respirare profondamente e un po’ a fatica, e poi prese le chiavi delle manette, poggiate sul comodino, cercando di non crollare a terra in quella sorta di percorso ostacoli di braccia e gambe nude, che odoravano di sesso.
Liberò l’uomo, che intanto non aveva spiccicato un parola, e poi si alzò, raccogliendo i boxer scuri da terra, per poi dirigersi verso il bagno, sperando che, una volta uscito non l’avrebbe ritrovato lì. Non sapeva come spiegargli, non sapeva che effetti avrebbero avuto le sue azioni, non sapeva nulla, e dentro si sé sperava di non venirlo mai a sapere: addirittura desiderò di tornare indietro perché, se sfogarsi voleva dire finire con dei sensi di colpa simili, ne avrebbe fatto volentieri a meno.
-Dove pensi di andare?-, la voce calda di Rob, interruppe il fluire dei pensieri del più giovane.
Jude rimase fermo e nudo come una colonna, nel mezzo della sala, a dargli le spalle. Non si pronunciò neanche.
-Non sono arrabbiato, vorrei solo capire…-, si spiegò Robert, il quale intanto si stava ancora chiedendo cosa fosse successo un minuto fa, quando non aveva avuto una percezione sensibile del confine tra sé stesso e Holmes, così come tra Jude e Watson.
Jude continuò a dargli le spalle, imperterrito, come se terrorizzato, anche solo dall’idea di spiegarsi. Non poteva neanche risolvere con un “niente, volevo solo fare sesso sfrenato”, perché, talento o no, non sarebbe riuscito a fregare l’altro.
Che diavolo avrebbe potuto fare? Per un secondo desiderò essere lui Sherlock Holmes, al posto del banale e pacato Watson, solo per avere un’idea brillante e uscire da quella situazione ostica.
Sentì dei passi felini dietro di sé: Robert si stava avvicinando. Deglutì, mentre desiderava diventare invisibile al più presto. Purtroppo la cosa non avvenne e fu tirato in malo modo dall’altra parte, mentre i suoi occhi incontravano quelli scuri, forti, decisi di Robert, che per un attimo sembrò mostrare uno sguardo preoccupato.
Jude fece un sospiro, mentre non riusciva a non far diventare lucidi i suoi occhi, al punto da vedere un po’ troppo sfocato. Si accorse persino di stare tremando lievemente. Vide la mano dell’altro alzarsi dal fianco, lentamente, come se stesse studiando la prossima mossa, e, istintivamente strinse le palpebre e alzò le spalle, come se potesse difendersi in quel modo.
Non sarebbe comunque scappato, non si sarebbe ribellato: andava bene qualunque cosa, purché finisse in fretta. Pur di essere perdonato, pur di non terminare quella relazione, di qualunque tipo fosse.
In ogni caso se quella che ricevette era una punizione, l’inferno avrebbe potuto essere un posto più che desiderabile. Le braccia di Robert avevano avvolto il suo corpo in una morsa calda e protettiva, nella quale il suo corpo, prima irrigidito dalla sorpresa, si era accoccolato con piacere.
-Mi dispiace.- sussurrò, –E’ che provo un fastidio insopportabile a vederti flirtare con quella donna, e ho perso totalmente la testa- ammise, con non poche difficoltà, mentre avvolgeva la vita dell’altro con le sue braccia, come a voler essere sicuro che non potesse lasciarlo.
-Allora era vero che eri geloso?-, Rob rise cristallinamente, e come se la cosa gli facesse incredibilmente piacere.
-No.-, disse il castano con fare brusco, e affondando il volto nell’incavo della sua spalla.
-Ah no?-, Insisté il primo, guardando in alto.
Jude sospirò, ormai non c’era niente da fare.
-Si. Sono geloso, incredibilmente geloso, tremendamente geloso. Credi di poter essere l’unico geloso?-, disse, con un filo di rabbia, mentre gli si stringeva involontariamente di più.
Ecco, adesso si sentiva un perfetto idiota: aveva fatto tutto quel casino, e alla fine era giunto al solito punto, aveva mandato il suo orgoglio maschile a puttane, mettendosi a fare la verginella al primo amore, pur di non essere lasciato da solo.
Robert, intanto, mentre continuava a ridersela fra sé e sé, sciolse l’abbraccio e gli prese il volto tra le mani, avvicinandosi lentamente, e lasciando che prima che le loro labbra si toccassero, i respiri si confondessero un momento.
Ma Jude, per la seconda volta in quella serata, lo anticipò.
-Rob?-
Questi fece uno sguardo impaziente, e rispose:
-Che vuoi?-
Il più giovane fece un flebile sospiro, forse più per tenerlo sulle spine che per prepararsi, e poi disse:
-Per me non sei la scopata di una sera.-
Aveva abbassato gli occhi, ma senza dare altro segno di vergogna: aveva parlato con naturalezza, perché quella era la pura e semplice verità, e visto che era stata scoperta, tanto valeva pronunciarla, non ci avrebbe comunque perso niente.
Robert sorrise, stringendo gli occhi scuri e ipnotici.
-Lo so.-
E si chinò a baciarlo.
 
 
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