Personaggi: Rei/Nagisa
Parole: 1859
Prompt: Free!, Nagisa/Rei, Nagisa ha delle labbra davvero morbide.
La domanda di Rei è puramente scientifica. Ogni volta che i suoi occhi color violetta capitano - per pura coincidenza! - sulle labbra del suo migliore amico, elaborando in un attimo teorie sulla loro morbidezza, lo fanno come analisi e per studiarne la consistenza, si dice. Dopotutto, sembrano così relativamente sottili eppure sono lisce, dal bordo che dolcemente forma curve leggere, e quando si muovono appaiono armoniose, ogni suono sembra tondo. La prima parola alla quale Rei riesce a pensare, quando ci si sofferma, è 'dolci'.
Ma in fondo le forme di Nagisa, la sua voce, le sue parole, forse anche i suoi pensieri, tutto di lui è accattivante e zuccheroso. Perciò un'altra curiosità del tutto scientifica riguarda il suo sapore. Di cosa sa la bocca di Nagisa? Forse di qualcosa di dolce, visto che nonostante la dieta impostagli da Gou i dolci non mancano mai, tanto che a volte Rei lo guarda e osserva granelli di zucchero che pendono dalle sue labbra bagnate.
Ed è così che, un sabato di fine Giugno, proprio a ridosso della fine del primo trimestre, finalmente decide di testare le sue teorie. Nagisa è seduto accanto a lui, a casa Ryuugazaki, come al solito per fare i compiti assieme in silenzio - essere sotto la sorveglianza di Rei lo aiuta a non distrarsi, e visto che questo è l'ultimo anno non può proprio più permetterselo.
"Nagisa-kun," Rei mormora piano, ipnotizzato dal modo in cui l'amico mordicchia piano il proprio labbro (lo fa apposta. È ovvio che lo faccia apposta.), con l'espressione tutta corrucciata in concentrazione, dal modo in cui lo lascia scivolare piano dalla stretta dei propri denti (su, andiamo, è chiaro che lo fa apposta.), come le parole stampate sul libro che proprio non vogliono entrargli in testa per lasciare dietro di loro qualsiasi traccia di utilità.
Nagisa sbatte le lunghe ciglia quando sente la sua voce, e volta il viso per guardare Rei con curiosità. "Eh?"
Il cuore del suo amico si accorge dei propri pensieri, del fatto che deve averli espressi ad alta voce. Prende a battere più forte, con un ritmo che accelera quindi il suo respiro. Nagisa si lecca le labbra con una espressione di dubbio, e allora le pupille di Rei ci si fissano. Chissà quanto sono morbide. Chissà di cosa sanno. È nella norma chiedersi queste cose? Dopotutto, potrei dire che si tratti di pura curiosità scientifica.
Si sporge con esitazioni, le dita sottili ed eleganti che ora si stringono attorno alla sua penna forte, forte, tremano appena. E poi le sue labbra si posano sperimentalmente su quelle di Nagisa, come quando la punta delle dita toccano l'acqua della piscina per valutarne la temperatura. Nagisa, in tutto questo, è rimasto immobile, gli occhi magenta fissi sul viso del suo amico, come a volerlo sfidare, come a voler vedere cosa farà. E poi arrossisce, ma non si scosta, preme le sue labbra contro quelle dell'altro e poi ne succhia uno, quasi in modo contemplativo, con un piccolo suono di apprezzamento, le palpebre invece si abbassano appena, rilassate. Non chiede perché, né come siano arrivati ad un bacio, lo ricambia senza obiezioni. Anzi, Rei sente le sue labbra curvarsi in un sorriso sotto le proprie.
"Lo stavo aspettando," Nagisa commenta piano, la voce bassa, flebile, dolce.
"Eh? Nagisa-kun..." Balbetta sottovoce, rosso in viso, coi pensieri che gli si rincorrono nella mente nel panico.
"Non sapevo se ti piacessi, perché Rei-chan è così speciale e bello, e io non..." Nagisa riprende, lasciando che la propria risposta svanisca nel nulla con una scossa della sua testa. Forse non ha qualcosa di sensato da dire, dopotutto.
"Nagisa-kun..."
"Rei-chan..." Nagisa mugola, tutto rosso rosso, gli occhi lucidi.
"Hai un buon sapore, Nagisa-kun," Rei decide, e per un momento si sente davvero fico. Si sente come in un film. Sicuro, forte, nonostante la timidezza che dovrebbe provare. Ma dopotutto, è scienza. Così come è scienza la domanda su quanto morbido sia anche il resto di Nagisa. Dopotutto è una logica direzione da prendere con il pensiero. Quanto morbida sia la sua voce quando geme, quanto calda e morbida sia la sua pelle, quanto soffici siano le sue natiche sono tutte domande che ora prendono il sopravvento della sua mente analitica. Curiosità scientifica. Solo per sapere. Perché un pioniere non si ferma sul limitare di una scoperta, va a fondo, la stringe fra le dita.
"Rei-chan..." Nagisa ripete con la voce sottile in un bisbiglio, gli occhi grandi che abbracciano con confusione la figura a fianco a sé.
Rei curva le dita attorno al viso dell'amico, marginalmente registrando un forte calore sulle sue stesse guance, ma si spinge più in là, bacia quella di Nagisa, rossa col sangue che è affluito abbondantemente sotto la pelle. È morbida, calda, affonda contro le ossa facilmente. E poi succede qualcosa di imprevisto: le dita ancora piccole e corte di Nagisa si infilano lente, fredde, sotto la camicia tutta formale di Rei, quella che lo fa sembrare già così adulto. E quello trema sotto il contatto, un po' per il freddo, molto per il tocco stesso. La mano persa fra i capelli mossi di Nagisa li stringe un po' più forte per strappargli accidentalmente un piccolo gemito.
A quel suono, i suoi occhi violetti sbattono un po' di volte, il cuore poi prende a pompare con forza contro il torace, come se finalmente i suoi pensieri si fossero svegliati nel bel mezzo della fine del mondo.
"Nagisa-kun," balbetta, sempre più rosso e caldo in viso. L'altro lo osserva, come se avesse voluto vedere quanto in là Rei potesse spingere prima di provare a tirarsi indietro. Come se lo avesse previsto fin dall'inizio. I suoi occhi del colore delle ciliegie ridono, dolci, mentre le sue labbra si muovono.
"Rei-chan, vieni," Nagisa dice afferrando la mano dell'altro. Ne registra il calore e la forza quando le loro dita si intrecciano, e poi lo trascina inesorabile verso la camera da letto e sul materasso - duro 'perché fa meglio alla schiena e giova alla postura'. Si siede, allarga le braccia, e come se cercasse consolazione Rei si lascia andare fra esse, mentre invece le gambe di Nagisa si legano attorno al suo bacino. Era una trappola!
Ma Rei geme, ed invece di negarsi il bacio successivo stringe il fianco del compagno mentre i due corpi si muovono piano, all'inizio, sperimentando l'uno col corpo dell'altro, caotici, fra sospiri e brividi.
"Rei-chan, vuoi?" Nagisa chiede, precisando la richiesta con una mossa particolarmente aggressiva del bacino. E Rei si lascia scappare un grugnito piccolo, lieve, per poi annuire.
"Sì, per favore."
"Proviamoci," risponde, con un sorriso discreto. Nagisa squittisce, racchiudendolo in un abbraccio. "Adesso provo io a farti stare bene però," Rei annuncia timido, le mani che però scendono con decisione verso le natiche dell'altro. Passare un dito fra di esse lo fa pigolare con un respiro più pesante, aggrappato al collo di Rei come se ne andasse della sua vita. Ed è anche ciò che spinge Rei a rovesciarlo, schiena sul letto, per poi baciarlo ancora e assaggiarsi, accarezzare il suo corpo e acchiappare quello sguardo negli occhi color magenta. Uno sguardo di ammirazione, di stupore. Uno sguardo che dice 'Rei-chan è così fico!', il che lo fa arrossire, per poi fargli baciare la punta del nasino tondo del suo ragazzo, che ridacchia piano.
"Mi piaci tanto anche tu, Nagisa-kun," conclude, pensando che forse è quello il motivo per cui si struggeva tanto per sapere perché questo ragazzo così piccolo e dolce abbia catturato così tanto la sua curiosità.
Fandom: Free!
Personaggi: Sousuke/Rin
Parole: 1529
Prompt: Free!, Sousuke/Rin, Il (non) senso dell'orientamento di Sousuke
Note: è una Splash Free!AU, e a dire il vero è vagamente ispirata dalla fic "Blue Lotus, White Lotus", che è una meraviglia peraltro. ;O;
"Adesso vieni qui, Sousuke."
Il mondo del Capitano è blu scuro, in questo momento. È fatto di fibre di cotone, di una sensazione fresca sotto i piedi, calda e umida tutto attorno a lui. È fatto di una pressione attorno alla sua testa, e di una voce che conosce fin troppo bene in tutte le sue inflessioni, quella che lo ha appena chiamato. La voce del suo Principe. Sembra una forza fisica, piantata nel suo sterno con una lancia, che lo fa camminare con le mani tese di fronte a sé, incerto.
Se fosse in qualsiasi altra situazione, di sicuro si perderebbe. Sarebbe così ridicolo che la gente lo guarderebbe chiedendosi come un inetto simile sia diventato Capitano della Guardia Reale. Cosa alla quale, in fondo, è abituato - e in fondo non può farne un torto a chiunque lo pensi. Non ha mai capito perché perda sempre l'orientamento in qualsiasi posto, persino a palazzo dove ha vissuto sette giorni su sette per dieci anni, eppure c'è una eccezione ai suoi smarrimenti: quella voce è l'unica cosa che ha senso, nel suo mondo. Quando si tratta del Principe Rin Matsuoka, Sousuke trova sempre la strada.
Lo fa con così tanta accuratezza che, ad un passo dal raggiungerlo, si ferma e alza le mani per poi chiuderle con precisione millimetrica attorno al viso dell'altro, attirandolo poi a sé. Sente persino il ghigno di Rin bruciare sull'angolo delle labbra dove lo bacia, perché lo conosce bene, conosce tutto del viso di Rin, conosce le arcate sarcastiche delle sue sopracciglia meglio di qualsiasi altra cosa. Conosce la sua forma, conosce il suo profumo, conosce i suoi capricci, conosce ogni singola espressione che rende il suo viso uno specchio di se stesso, ma anche la propria corazza più resistente.
"Com'è questa storia che se ti dico di andare nelle cucine giri fino a sera, ma quando ci sono io mi trovi subito?" Rin lo canzona, forse vagamente irritato da quella enorme contraddizione.
"Non lo so, mio Principe. Ma sono lieto di avervi trovato," Sousuke risponde, con una punta di acidità. "Anche se non capisco perché abbiate insistito così tanto per fare questa cosa con la benda."
Rin si alza sulle punte dei piedi con qualche secondo di silenzio teso, per poi lasciargli un piccolo bacio sulle labbra e rivelare: "era un gioco."
"Ah, un gioco," Sousuke ripete, dal tono serio, ma senza nascondere una punta di divertimento. "Sapete che avete diciannove anni, vero?"
"Sì, e grazie per avermelo ricordato, ho proprio bisogno di sentirmi ripetere che dovrò prendermi questo regno sulle spalle quando arriverò ai venti," Rin sospira, passandosi le dita fra le ciocche rossicce per poi voltarsi e guardare fuori da una delle finestre di palazzo. "Non voglio," borbotta, le dita strette attorno al davanzale. "Perché io? Non sono per niente adatto..."
Rin Matsuoka non si mostra quasi mai vulnerabile. Le uniche volte in cui qualcuno può vedere la sua espressione severa ammorbidirsi è quando il suo fidato Capitano è nella stanza. Quel suo coetaneo già troppo robusto e competente nel suo lavoro dal quale preferisce non staccarsi mai. Il Capitano che con le sue mani grandi, con la bocca, lo esplora ogni sera e gli ha fatto rinunciare all'harem che sarebbe tutto suo di diritto.
Lo stesso Capitano che ora gli bacia il collo passando le braccia spesse attorno al suo corpo con fare protettivo, o forse anche possessivo.
"Sono sicuro che sarete un Sultano giusto e amato," risponde pian piano. Sa sempre cosa dire. Anche se è certo che nessuno possa amare il suo Principe quanto lui, aggiunge mentalmente. "E se avrete bisogno di aiuto, ci saranno sempre i consiglieri di corte. E ci sarò io a proteggervi con la mia vita."
Rin sospira, non si volta a guardarlo, ma china la testa di lato per garantirgli maggiore accesso. La verità è che un Principe non dovrebbe intrattenersi con una guardia, non importa di che grado sia. Ma a Rin non importa: cambierà le leggi se riuscirà in qualche modo a farlo, per tenere Sousuke con sé. Non per niente lo stesso Capitano delle Guardie crede che sia ancora un ragazzino ingenuo, ma non glielo dirà mai più dopo che, la prima volta, l'ha visto piangere parlando proprio di questo. Sousuke non sopporta di vedere Rin piangere. Ha ucciso per molto meno. E questa sua debolezza li metterà nei guai, pensa, ma ora come ora la pelle di Rin è troppo dolce, le sue forme troppo eleganti ed invitanti per pensare ad altro. Il suo Principe è troppo bello per preoccuparsi del mondo troppo freddo e dal giudizio troppo facile, là fuori.
"Sousuke..." Rin bisbiglia, quando una delle mani grandi e un po' callose di Sousuke scivola fra le sue gambe, costringendolo a piegarsi appena sulla finestra con un gemito, con una fiamma che si accende nel petto.
"Mio Principe," l'altro risponde, per poi lasciarlo andare. "Non preoccupatevi. Non dovete preoccuparvi. Mio principe," ripete, lo costringe con delicatezza a voltarsi, poi prende una delle mani di Rin, e ne bacia il dorso con devozione. "... Confido in Voi."
Il viso di Rin prima si accende di stupore, ma poi gradualmente si rilassa in una espressione di sollievo. Lo abbraccia, il suo corpo lievemente più gracile si adatta senza difficoltà a quello robusto e ampio di Sousuke, che lo accoglie fra le sue braccia con un calore, con un amore così frequenti che ormai sono quasi abitudine.
Quasi, perché se di solito Rin si stende sul letto e lascia che Sousuke lo massaggi, che lo accarezzi, che lo stringa a sé e lo tocchi, che lo veneri provocando brividi e sospiri nel Principe, questa notte sarà lui e farlo.
E Sousuke si lascia fare, accarezzare, baciare. I polpastrelli del suo Principe ora scorrono delicatamente sul suo petto, dove campeggiano cicatrici più o meno lunghe e grosse causate dal suo compito di proteggere la famiglia del Sultano, le connette l'una all'altra con un filo immaginario, le tocca e le adora, le segue come fossero una mappa e Sousuke il suo Nord. Ne bacia una vicino al cuore dell'altro, con gratitudine, ammirazione, fiducia, quasi fino alle lacrime. Lo guarda negli occhi turchese, con un sorriso vivo e pungente, mentre una delle sue mani abituate a maneggiare rubini e carte ufficiali cerca nei pantaloni della guardia, facendolo irrigidire sul letto.
"Mio Principe..."
Rin lo bacia, per zittirlo. "Voglio che ti senta bene anche tu, qualche volta."
"Io sto bene quando voi vi--" Sousuke inizia, ma poi grugnisce quando la mano tiepida attorno a lui prende a muoversi per la sua lunghezza con piccole scosse di piacere. Un sorriso soddisfatto piega le labbra di Rin, che prende a mordicchiargli il labbro, lentamente, delicato.
"Sousuke, hai già fatto così tanto per me. Lo fai sempre. Lascia che faccia io qualcosa per te una volta ogni tanto."
"S-se volete fare qualcosa per me, rendetemi il lavoro meno stressante ed evitate g-guai," Sousuke ribatte, con le dita che si stringono attorno al lenzuolo di seta, la testa che si piega all'indietro per il piacere.
"Non posso, mi dispiace," Rin lo canzona, evidentemente ben poco dispiaciuto, con un ghigno.
Maledetto ragazzino, Sousuke pensa, evitando accuratamente di farlo ad alta voce.
Poco dopo, il Principe si ferma, iniziando a slacciare la propria veste, per rivelare il suo corpo pulito, profumato, la pelle liscia, chiara e priva di imperfezioni, il ventre piatto ma muscoloso per gli esercizi di scherma che fanno assieme. Sousuke lo tocca in punta di dita, Rin gli si offre placido, lo incoraggia a stringerlo a sé. Sousuke dimentica la propria erezione rimasta insoddisfatta finché Rin non si sporge oltre di lui per afferrare un vaso con dell'olio profumato fatto apposta per due corpi che si uniscono, ed a quel punto ne diventa fin troppo consapevole. Incastrato fra le cosce di Rin, col Principe che scende su di lui dopo aver ricoperto il suo sesso e la propria fessura con l'olio, l'unica cosa che può davvero fare è lasciarsi cavalcare. Affonda in lui lentamente, con piccoli gemiti forse di piacere e forse di dolore da parte di Rin, o probabilmente di tutti e due che si mischiano ai suoi; Sousuke lo osserva attraverso il velo di lussuria che offusca i suoi sensi, mentre la bocca si apre appena per concedersi di esprimere il gusto che trova in quel corpo. Rin è caldissimo dentro, ed il suo fisico glabro, dai muscoli che si muovono forti e definiti sotto la pelle, gli occhi poi sono intensi, caldi, rossi. Risucchiano tutta la sua attenzione, lo fanno sempre, come una trappola. I capelli rossicci gli cadono sul viso, e conducono l'attenzione di nuovo all'ingiù, alle gambe che trattengono i fianchi di Sousuke mentre il bacino si muove in piccoli cerchi.
Sousuke allunga una mano quando il desiderio di spingere col bacino per incontrare il suo Principe si fa troppo impellente, stringe una delle cosce che lo bloccano lì sul materasso, dalla bocca sgorga solo una parola ripetuta, un mantra, un nome, Rin.
Lo conosce a menadito, saprebbe descriverlo meglio di un dipinto, eppure quando sono insieme così, in una notte calda, è come se il suo Principe tornasse ad essere un mistero.
Fandom: Free!
Personaggi: Sousuke/Nagisa
Parole: 1885
Prompt: FREE!, Nagisa Hazuki /Sousuke Yamazaki, A Sousuke piace prendere Nagisa a quattro zampe
Vorrebbe poter dire che non sa come siano finiti in quella situazione, vorrebbe potersi dire che sarebbe stato più logico, per lui, finire per farle con Rin, cose così. Vorrebbe dirlo ma non può, perché sa benissimo come sono finiti qui, in un piccolo appartamento lontano dal centro di Tottori, ad aspettarsi l'un l'altro dopo lavoro e università soltanto per poi divorarsi a vicenda anche solo con gli occhi, certe sere.
Sousuke ricorda il primo contatto, quel 'Sou-chan' che l'aveva spiazzato, ma che in realtà è stata la prima mossa con cui Nagisa si è infilato, con entusiasmo e la sua innocenza disarmante, fra le crepe del suo petto. E poi si è accoccolato caldo fra le sue braccia, quando col tempo gli ha regalato una luce speciale che davvero pochi altri riescono a vedere, ma che aiuta a riempire tutte quelle mancanze, quelle delusioni, quelle sconfitte che hanno costellato la storia di Sousuke. O meglio, ci è voluto del tempo prima che Sousuke glielo lasciasse fare. Nagisa, come un fuoco troppo alto e troppo fiero ora scalda, ma brucia se lo si lascia entrare troppo a fondo. Di quel bruciore, certe volte, Sousuke non sa farne a meno. Brucia quando lo guarda con una fame che non ha nulla a che vedere con la sua predilezione per i dolci ed il cibo in generale, una fame che ha sviluppato dopo aver assaggiato il suo compagno per la prima volta; brucia quando si spoglia e lancia occhiate fugaci sopra la sua spalla mentre annuncia che si farà una doccia. Brucia quando, come succede a tanti, litigano e le sue lacrime sono peggio di qualsiasi insulto Sousuke possa sentirsi rivolgere. Perché alla ruvidezza ci si è abituato, insomma, e dopotutto è uno dei suoi tratti, una delle cose per cui sembrerebbe, molto poco logicamente, che Nagisa lo abbia scelto per la sua 'avventura' - così la chiama, la sua routine che cambia costantemente, la sua ricerca continua di qualcosa che renda la sua vita meno solitaria, che lo diverta, che lo faccia sentire pieno di gioia. Ma Sousuke non sa cosa farci, con la dolcezza, con la malizia innocente, con la fragilità degli altri, con gli occhi grandi e liquidi del giovane uomo sotto di sé che, anche ora, lo guardano brillando nella penombra della sera. Perciò si arrende, sempre. Sono cose che fanno a pezzi la sua corazza, ed ogni volta Nagisa lo conosce. E più lo conosce, più va a fondo nella sua scelta di amarlo, più se lo stringe addosso con la sicurezza di aver scelto la persona giusta. Affidabile, leale, e anche dolce a modo proprio.
Stasera stavano guardando un programma poco interessante alla televisione, mangiucchiando patatine - più che altro caramelle per Nagisa - quando ad un certo punto, forse per la noia o chissà cos'altro, Nagisa ha posato la sua bacinella di dolci, per poi leccarsi le dita con lo sguardo ancora fisso sullo schermo, la testa posata sulle cosce di Sousuke, così come si era sdraiato. Poi ha preso a toccare il proprio capezzolo da sopra la maglietta, stuzzicandolo, stringendolo fra le dita fino a strapparsi un sospiro pesante da solo. Il quale, fra l'altro, è stato il momento in cui Sousuke ha abbassato lo sguardo, all'inizio curioso, poi stupito. E poi ha semplicemente osservato, gli occhi spalancati e le pupille dilatate all'improvviso per godersi meglio lo spettacolo, mentre la mano di Nagisa scendeva lungo il proprio corpo, fino ad infilarsi nei pantaloni per toccarsi. Sousuke l'ha guardato trattenere gemiti per qualche secondo, tranquillo, fingendo completa indifferenza mentre il sangue pompava fortissimo nelle vene, poi ha finalmente mosso la mano, scostando l'orlo della maglietta del suo pallido, piccolo ragazzo per toccarlo, per accarezzargli il ventre un po' tondo - visto che Nagisa ha smesso di nuotare ed il suo stile di vita è un po' più sedentario. E quello non ha detto nulla, ha solo girato la testa per guardarlo dritto negli occhi mentre il suo bacino si muoveva in onde disordinate e lente, la propria mano nei pantaloni che si accarezzava con una lentezza volutamente frustrante.
E poi Nagisa si è alzato a sedere, piazzandosi sul grembo di Sousuke, lo ha baciato con delicatezza ma esitando sulle labbra sottili del più anziano, tentatore, poi ha guidato le sue mani grandi e forti sui propri fianchi. Quando l'ha guardato di nuovo negli occhi ha capito di aver vinto nel suo piccolo gioco dell'eccitare Sousuke fino a fargli perdere il filo dei suoi pensieri. E infatti, quando Sousuke lo ha sollevato dal divano per poi trasportarlo con un furore silenzioso nella loro camera, Nagisa si è limitato a stringere le gambe attorno ai suoi fianchi con un piccolo ghigno birichino nascosto sul suo collo.
Ed ora Sousuke lo sta scopando forte con le dita, ma lentamente, lo sta facendo piegare con la faccia in giù contro il materasso. Nagisa mugola, con gli occhi chiusi, le dita strette forte al buio attorno al lenzuolo, ad ogni spinta risponde con una uguale nella direzione opposta, va incontro alle dita grandi di Sousuke. Si inarca, assapora il calore che spinge in tutte le direzioni, già insopportabile. E Sousuke lo divora con gli occhi, segue la linea armoniosa della sua schiena che scende verso il materasso, guarda affamato il punto in cui le sue dita scompaiono, con l'aiuto di una generosa quantità di lubrificante, dentro le viscere del suo selvaggio, stretto ragazzo. E quando immagina come si sentirà, ad affondare il suo cazzo direttamente dentro a lui, quasi la testa smette di funzionare, troppo leggera per ragionare.
Si presta così bene a queste cose, Nagisa. È docile, eppure un po' riottoso, giusto quanto basta per stuzzicarlo. È dolce, infinitamente tenero, fa stringere il cuore con il suo faccino tondo e gli occhioni enormi, vivi, liquidi, ma c'è anche tanta di quella malizia in essi, in momenti come questo, quando si spinge contro Sousuke, quando cerca un contatto che sembra non bastargli mai. Ed ora che è inginocchiato col sedere in alto, il viso premuto contro il lenzuolo profumato, sembra ancora più sottomesso e ancora più provocante. Sousuke lo apprezza molto, in questo momento. Gli accarezza una natica, bacia l'altra mentre le sue dita ora stimolano l'erezione già bagnata sulla punta del più giovane.
"Basta con le dita," Nagisa chiede, la voce sottile, supplice. "Per piacere... dammi Sou-chan."
Solo Nagisa riuscirebbe a far suonare una richiesta così indecente in un tono tanto dolce e puro. Sousuke non sa resistere, nonostante il fatto che ci abbia pensato; strofina il proprio sesso fra le natiche dell'altro per qualche secondo, per indurirsi di nuovo e provocarlo ancora - ottenendo un altro gemito ora impaziente, frustrato - e poi ci rotola attorno un preservativo.
Schiude la fessura fra le natiche di Nagisa, lo attira verso di sé un po' brusco, e infine spinge, lentamente ma senza fermarsi. Nagisa è rilassato, ma come lo sente invadere il suo corpo la sua schiena si raddrizza, stringe le dita con più forza attorno ad un lembo del lenzuolo. E quello è un equilibrio fragile, per Sousuke, fra il fare attenzione a non provocare più fastidio del necessario ed il lasciarsi andare, scopare il suo ragazzo fino a ridurlo ad una polpa supplicante e tremante. Ma c'è tempo. Accarezza i fianchi di Nagisa per distrarsi dal bisogno sempre più forte di muoversi con tutta la propria potenza, ne apprezza la vita relativamente sottile, il pancino un po' tondo, i muscoli ancora tonici, tocca con un po' di malizia il suo cazzo piccolo e dritto. Lo fa in modo possessivo, ma ferma qualsiasi movimento quando sente di non potersi spingere più a fondo.
"Sou-chan... Sou-cha-aaan," Nagisa ripete, inarcato e con gli occhi chiusi, singhiozza mentre le onde dentro di lui diventano concentriche, sempre più forti e impossibili da trattenere, la pressione sempre più alta. Il calore si espande ad ogni fibra del suo corpo finché i suoi movimenti diventano disordinati, disperati, finché i suoi movimenti diventano incontrollati e istintivi. A Sousuke accade lo stesso. I denti stretti, le dita che afferrano la carne di Nagisa con così tanta forza da lasciarne le impronte, il bacino che scatta assieme ai muscoli di tutto il suo corpo, e la mente che più si annebbia più perde coscienza dei suoni che le sue labbra stanno producendo.
Nagisa è il primo a venire, nel pugno di Sousuke che stava pompando svelto, ruvido, attorno a lui; le braccia gli tremano ma rimane fermo contraendo i muscoli attorno a Sousuke per incoraggiarlo a toccare quel traguardo che entrambi hanno rincorso, assieme.
Quando Sousuke si svuota dentro l'altro, la stanza attorno a loro, il placido silenzio della sera tornano ad avvolgerli, a ricordare loro della propria presenza. Abbraccia il corpo di Nagisa da dietro mentre si arricciano l'uno assieme all'alro, dopo essersi accasciati sul letto. Lo stringe a sé toccandolo ancora fra le gambe, pigramente, ed ottenendo ancora piccoli suoni di piacere deliziosi, morbidi, soffici, finché i loro muscoli non tornano immobili, spossati. Si lasciano percorrere con naturalezza dalle ultime piacevoli scosse dell'orgasmo, come un'alta marea che rifluisce verso il mare, finché Nagisa non guarda oltre la propria spalla al viso di Sousuke, i suoi occhi che brillano affettuosi, sebbene impigriti e ora un po' velati dal torpore.
"Sou-chan è così bello e così perfetto, cosa ho fatto per meritarti?" Chiede, la voce roca, ma sottile. Alla domanda, Sousuke risponde con uno sbuffo ed un sorriso, accarezzando il suo ventre con tenerezza.
"Assolutamente nulla," risponde, sottintendendo che non l'avrebbe scelto se non fosse che Nagisa è una creatura quasi completamente senza senso. "Però adesso facciamoci una doccia."
Nagisa annuisce, ma rimane dov'è.
"Dopo. Coccole?"
Sousuke rotea gli occhi, ma abbraccia l'altro con un sospiro di resa.
"Okay, coccole."
Fandom: Final Fantasy VI
Personaggi: Kefka Palazzo/Terra Branford
Avvertimenti: non-con, pre-series
Parole: 1715
Prompt: FINAL FANTASY VI, Kefka/Terra, bambola
Vector risuona di musica, oggi. Dev'essere per qualche ricorrenza, che spinge le insignificanti formichine della città e dei paesini circostanti a radunarsi, quei luridi ammassi di lerciume che non sanno, oh, non sanno nulla di ciò che Kefka ha in mente per tutti loro. Nemmeno Gestahl ne ha la minima idea. E, ovviamente, nemmeno lei.
Le ha ordinato di sedersi sul suo trono barocco fatto completamente d'oro, dopo averle detto di rimanere ferma e lasciarsi vestire. Lei l'ha fatto, gli occhi vuoti, le braccia abbandonate ai suoi fianchi, il respiro lento e calmo. Kefka la percorre con lo sguardo, dai capelli chiari di un verde innaturale ma non impossibile per qualcuno come lei, al busto sottile ed ora drappeggiato di seta in broccato con ornamenti complessi che arrivano alle cosce, per poi scorrere giù, lungo le gambe rivestite in calze bianche, i piedi che penzolano scalzi dal trono. E finalmente torna a guardarla negli occhi, celesti come quel brutto cielo libero dalle nuvole che placidamente scorre come un fiume fuori dal palazzo, oggi.
"Terra," la chiama, ricevendo uno sguardo vuoto ma attento in cambio.
Kefka sorride a sé stesso, i lunghi capelli biondi che scendono lungo un viso giovane, affilato, che molto probabilmente i plebei comuni chiamerebbero attraente. Anche se di recente ha preso a tingere la propria bocca di rosso intenso, a risaltarla con un velo di bianco sul suo viso già troppo pallido, ad allungare la forma dei suoi occhi fino a disegnare forme arzigogolate agli angoli degli stessi. Il risultato è strambo, a detta di Gestahl. Spaventoso, invece, l'ha definito il Generale Leo. A Kefka non interessa nulla delle opinioni di cervellini talmente comuni, di creature così normali. Però oggi il suo viso è pulito, normale, lo chiamerebbero. Non gli andava di dipingersi la faccia, molto semplicemente.
"Cosa ne pensi del vestitino che ti ho messo addosso?" Le chiede, avvicinandosi.
Lei continua a fissarlo, lo segue con le pupille senza nemmeno sbattere ciglio, e poi guarda in basso verso il mucchio di stoffa che l'avvolge, quasi senza abbassare il capo. "Non mi piace," risponde, ma senza alcuna aria di sfida, senza alcuna inflessione positiva o negativa. Kefka storce le labbra, deluso. Le opinioni di Terra, diversamente a quelle di chiunque altro, contano. Perché lei è diversa; lei, la magia, ce l'ha di natura. Lei è nata con un potere grandioso ed è bellissima, grandiosa quando, senza mostrare alcuno sforzo, polverizza decine di quelle formiche insignificanti, inutili. Ed è tutta sua. Fa tutto quello che lui le dice di fare, grazie al diadema posato sulla sua testa. Kefka si assicura sempre che sia lì, e che fissa spesso fra i suoi capelli verdi, a volte usando complicate trecce che rendono l'aspetto della ragazza più bizzarro di quanto già non sia.
"Cosa? Non ti piace?!" Sbotta infine, con la voce acuta per la delusione, gli occhi che per un momento si allargano folli. "Ah, vediamo," continua però in tono immediatamente più calmo, allegro, per poi trotterellare verso il suo guardaroba ricco e sempre rifornito. Prende a toccare tutti i vestiti, uno più pesante e complesso dell'altro, finché non ne estrae uno da indossare con una crinolina leggera, che chiama accanto a sé per magia con un mormorio sottile nell'aria.
La sua stanza è ampia, regale, piena fino al soffitto di ornamenti dorati che si arrampicano lungo le pareti blu per poi unirsi dove il lampadario di candele inizia a scendere, aggraziato. Ovunque, attorno a loro, è pieno di cuscini, se non pupazzi e, soprattutto, tante bambole tutte sedute in fila. Sono il suo passatempo. Gli piace vestirle e cambiarle, ma quando può perché non dovrebbe divertirsi con la più bella di tutte, con la più interessante, con quella che può parlare e creare fuoco dalla punta delle sue dita? Con quella che può piegare alla sua volontà, quella che potrebbe distruggerlo se fosse libera? Perché non dovrebbe divertirsi con una tale bellezza, controllarla, usarla per incenerire tutte quelle irritanti, orribili schifezze che brulicano nel mondo?
Terra lo guarda di nuovo, incolore, poi sospira alzandosi dal trono portato lì solo per lei, avvicinandosi al mago.
"Non mi piace nemmeno quello," aggiunge. Poi si dirige verso tutti gli altri vestiti, scorre le dita fra alcuni di essi, e dopo un minuto di incertezza - nel quale Kefka la osserva in ogni singolo dettaglio - finalmente ne estrae uno di seta, semplice e tutto bianco. Lo tende di fronte a sé, come a chiedere il permesso, e Kefka arriccia le labbra pensieroso, toccandosi il mento.
"Ma sì, provalo," risponde, accendendosi quando Terra apre il manto pesante e rivela il proprio corpo nudo, senza mostrare alcuna vergogna, per poi infilare il vestito. I capelli le ricadono oltre il viso in onde lunghe e aggraziate quando si china.
La scollatura dal bordo prezioso di pizzo è ampia, lascia le sue spalle scoperte, ma non lascia vedere troppo del petto. È effettivamente elegante, ma discreta, come il resto dell'abito che abbraccia il suo corpo senza renderla troppo vistosa. Come se volesse passare inosservata. Quello deve essere uno scorcio della sua personalità vera, se l'ha scelto da sola.
Lo intriga. Come può una creatura tanto potente non desiderare che la si guardi? Eppure, in quel vestito, ha una sua grazia. Una sua bellezza, nonostante la semplicità. Forse non è un vestito che Kefka trovi particolarmente interessante, ma addosso a lei ha un aspetto dignitoso. Ora che lo nota, però, l'espressione del suo viso sembra troppo glaciale. La sua generale freddezza esteriore fa da contrappunto alla bizzarria costante di Kefka, ma a lui sembra sbagliata. Non può esistere un equilibrio.
Il vuoto dei suoi occhi invece è degno di nota; Kefka si chiede: c'è mai stato un tempo in cui gli occhi di Terra brillavano di follia? Come i propri? Le tocca la guancia, provocando una lieve apertura delle labbra nella ragazza, che poi chiude gli occhi forse in contemplazione, forse in disgusto. Sarebbe più divertente se si trattasse del secondo.
Con le dita scende lungo il suo collo, continuando a fissarle il viso, ma poi scivola con lo sguardo assieme alla propria mano, le sfiora un seno - il che la fa tendere per un momento con un respiro spezzato. Kefka ridacchia, e scende ancora, lungo il corpo sottile della sua sottomessa. Così tanto potere racchiuso in un corpo che sembra così fragile. E lei è alla sua mercé. La bocca dell'uomo si stende in un ghigno quando arriva fra le gambe di lei, che freme appena, ora, con il viso ora teso, le labbra strette, mentre le dita lunghe e affusolate del suo padrone strofinano la seta del vestito in mezzo alle sue cosce.
"Rilassati," le ordina, e subito sente i muscoli dell'interno coscia ammorbidirsi un po' nella ragazza, lasciandosi stuzzicare con più facilità mentre, vagamente, si domanda cosa stia succedendo nel suo corpo, come il suo viso sia così caldo all'improvviso, e cosa mai Kefka le stia facendo. Le fa paura, eppure senza riuscire a trattenersi inizia a muoversi contro i polpastrelli dell'uomo. Kefka osserva il suo viso, curioso, divertito, ed i suoi occhi si illuminano di soddisfazione quando vede le sue labbra aprirsi, gli occhi scaldarsi e accendersi per la prima volta da quando la conosce, e poi ne ascolta la voce, piccola, timida, e sempre più libera ad ogni movimento delle dita del mago.
"Volevo vedere un'altra espressione sul tuo viso. Sei così carina!" Kefka risponde, con una voce squittente e canzonatoria.
"Non mi piace," lei protesta in tono vago, ma invece di smettere, le labbra di Kefka premono sulla sua spalla scoperta, mentre la stringe a sé, il calore dei loro corpi che diventa più intenso. Kefka non prova nulla, ma gli piace così tanto guardarla, ora. La sua bellissima arma per distruggere Gestahl, i ribelli, tutti... così peccaminosa, dopotutto. Non è la principessina innocente che sembrerebbe, pensa. È divertente. Lo diverte.
Terra si aggrappa alle spalle dell'uomo, spinge con più forza contro le sue mani, sente le sue gambe cedere quando lui raddrizza le dita e le fornisce più frizione, con un risolino. I muscoli del suo ventre fanno male, per qualche motivo, eppure non riesce a fermarsi, continua a strofinarsi contro Kefka, a provare sempre più vergogna ed umiliazione da qualche parte dentro di sé, finché non chiude gli occhi chinando la testa, ed il vestito si bagna, fra le gambe sembra che sia scoppiata una bolla che ora la lascia senza fiato, con la testa confusa.
Kefka avverte l'umidità sulle proprie dita, ridendo.
"Hai sporcato il vestito," la rimprovera piano. "Toglilo."
Se prima Terra non aveva problemi a mostrarsi nuda a lui, ora esita, nonostante la sua mente le dica che vuole spogliarsi davanti a lui. Ma alla fine cede, solleva il vestito e lo sfila dalla testa, non avendo imparato un altro modo per toglierli.
"Potresti rimanere così tutto il giorno," lui incalza, sghignazzando. Lei lo guarda, incapace di non chiedersi se quella sia un ordine o no. "Potresti davvero," Kefka ripete, ma poi sbuffa, scrollando le spalle. Vederla nuda non gli porterebbe nessun divertimento, visto che i pensieri stanno già scomparendo dal viso tondo della mezza Esper.
"Nah, vattene," le dice capriccioso, agitando una mano e voltandosi verso la finestra, dalla quale vede uno scorcio di Vector - ignorando con stizza la folla che gremisce il centro - e delle montagne circostanti.
Dall'altra parte, a sud-est, sorge Albrook. Non vede l'ora che Gestahl si decida ad iniziare il suo attacco su quella città portuale, anche solo per sentire le urla dei piccoli patetici vermi che la abitano. E poi a nord siede Tzen. Anche quel paesino è rimasto in piedi troppo a lungo. Le sue dita fremono, per la voglia di guardare tutte queste cose bruciare. Peccato che potrebbe farlo solo da lontano, essendo un membro del consiglio di Gestahl e quindi non autorizzato a buttarsi in battaglia e vedere la gente morire da vicino, magari guardare mentre Terra spazza via villaggi interi... sospira, deluso.
Ma poi ghigna ancora, rassicurandosi che succederà. Oh, sì. E non vede l'ora.