Fandom: Free!
Personaggi: Rin/Ai
Parole: 1384
Prompt: maid!Ai


"Rin-senpai!" Ai squittisce con una vocetta che tremola appena per l'imbarazzo e la sorpresa, un secondo dopo essere stato spinto sul suo letto facendo svolazzare appena il costume che porta. Più precisamente, il costume da cameriera che ha dovuto indossare assieme al resto dei ragazzi del secondo anno, nero con un grembiulino e una cuffietta sulla testa bianchi, mentre Rin indossa ancora il suo vestito da maître di sala, ma si sta già slacciando il farfallino dal collo mentre osserva con un sorriso malizioso.
"I tuoi amici ti stanno aspettando," Ai comincia, tutto rosso in viso, ma l'altro gli si avventa contro, mordendogli il mento e guardandolo con una certa fame.
"Pensano che mi stia cambiando... cosa che dovrei fare," Rin risponde con un ghigno, per poi infilare una mano sotto la gonna di Ai e trovare un paio di mutandine sottili che lo costringono essendo troppo piccole per un uomo. "Queste le hai messe per me?" Chiede, mentre Ai si tende sotto il suo tocco e appoggia la fronte contro quella dell'altro, e non risponde. Invece solleva una mano per toccare il mento di Rin e poi baciarlo, piano. Si interrompe con un gemito, quando la mano del più grande, un po' fredda, afferra il suo sesso da dentro le mutandine e prende a pompare con la mano, lieve però, facendogli appena percepire il contatto.
"Rin-senpai..."
Rin lo zittisce di nuovo con le labbra, lo assapora, con un pollice che passa sulla punta, le mani che poi afferrano la già dura erezione del kōhai. Fare cose così indecenti è ancora più eccitante, nella sua mente, quando la sua mano è coperta dalla gonna. Gli sa di proibito, come dopotutto lo è l'interezza di questo atto.
Alla segretezza, dopotutto, ci è abituato.
Ai muove i fianchi con un pigolio, delizioso e dolce, che esprime nel modo più innocente il calore che si accumula giù, fra le sue gambe. Preme il dorso della mano sulla bocca, per evitare che l'intera Accademia la senta, ma Rin stringe con più forza attorno a lui, gli dà tutta la frizione di cui ha bisogno, e poi Ai sente il calore e l'umidità del suo respiro sulle cosce, togliendogli il respiro. E poi Rin lo bagna, lo prende in bocca mugolando per il suo stesso desiderio che cresce con la limitazione dei propri pantaloni.
"Non zittirti, Ai," dice dolcemente per poi riprendere a succhiare la punta del suo sesso che già prende a bagnarsi e arrossire un po', come le sue guance. Ai afferra il cuscino con entrambe le mani, tende il ventre per non spingere coi fianchi ma quando cede alla tentazione Rin non sembra essere contrariato, anzi con la mano che l'aveva masturbato prima raccoglie un po' delle gocce che scendono dal sesso che non può far altro che descrivere come 'carino' - perché tutto è carino e adorabile quando si tratta di Ai, dal modo in cui incespica sui suoi stessi piedi certe volte, alla voce acuta, ai singhiozzi secchi e i gemiti prolungati, osceni che sta emettendo ora. E poi pian piano con un dito entra in lui, si fa strada delicatamente mentre, nascosto dalla gonna, arrossisce e chiude gli occhi, cercando immediatamente quel punto che farà sciogliere Ai completamente e gli farà emettere i suoni più dolci e teneri dell'intero universo.
"R-Rin-senpai!" Ai geme infatti, per poi diventare ancora più rosso, quasi viola, e sudare lievemente con la mente che si spegne ed il mondo che si riduce a quella sensazione elettrica nel ventre, che gli fa spingere col bacino in cerchi che Rin deve fermare con le mani per continuare a succhiarlo senza fargli male coi denti. E quello continua a stimolarlo, a toccare quella ghiandola ottenendo sempre la soddisfazione di Ai che si agita senza posa pur tentando di controllarsi. Perché una delle cose che ha imparato da Rin-senpai è il controllo e la disciplina, perciò la cosa che fa più piacere a Rin, al momento, è che lo sta mettendo davvero alla prova nei propri inutili tentativi di rimanere stoico.
Rin-senpai, continua a ripetere, e quando gli sfugge un 'Rin', Ai singhiozza per poi rovesciare tutta la tensione accumulata in bocca al suo senpai, che subito l'ingoia finché non c'è più nulla da dare, e poi riemerge con un sorriso, baciando la sua coscia per pulirsi le labbra e poi leccare la pelle calda attorno al sesso che già si ammorbidisce, e infine fa un confuso voltare Ai a carponi sul materasso con piccoli sussurri che oggi vuole fare qualcosa di 'diverso'. Ai obbedisce, col rossore sulle guance che diventa più intenso, l'espressione poi si colora di sorpresa quando sente qualcosa di caldo e duro scorrere fra le sue cosce lisce e morbide accompagnato da grugniti soddisfatti, realizzando che Rin sta usando le sue gambe per venire.
Rin gli bacia la nuca bella dall'odore acerbo, con un braccio che stringe il corpo piccolo e magro del giovane a sé mentre si intrude fra le sue gambe e sente anche la stoffa della gonna che lo tocca appena ad ogni spinta. E forse, stranamente, è quasi più intimo sentire il suo senpai fra le gambe che dentro di sé.
Quando Rin sembra stare per venire a sua volta, i suoi fianchi si spingono con più forza contro il corpo di Ai, e stringe un pugno del tessuto del vestito davanti alla fessura formata dalle due gambe magre per raccogliere tutto quando verrà anche lui. Infatti, pochi secondi dopo il suo respiro viene mozzato e la gonna si bagna di qualcosa di vischioso. Poi Rin si appoggia alla schiena dell'altro, con respiri veloci e pesanti, lasciando andare la gonna dopo qualche spinta in più per svuotarsi del tutto, e poi chiama piano, "Ai."
"S-sì, Rin-senpai?" L'altro risponde, un po' scosso dalla spossatezza.
"Stai benissimo vestito così."
"Ah... grazie," Ai mormora alzandosi in piedi e guardando in giù verso il vestito. "Rin-senpai, guarda cos'hai fatto!"
"Tanto dovevamo levarla lo stesso sta roba... per questo ho aspettato fino alla fine del nostro stand," Rin replica togliendosi i vestiti. Cosa che, effettivamente, dovrebbe aver smesso di scioccare Ai molto tempo fa, più o meno dopo la loro prima volta, eppure si ritrova ancora a distogliere lo sguardo in modo pudico, in faccia a quello che hanno appena fatto. Non risponde, ma sulle labbra si piega un sorriso lieve, mentre anch'egli si sveste conscio che anche Rin sta tornando ad essere meno spudorato, a sua volta, e che non lo sta guardando nonostante abbia espresso più volte che ama il suo corpo asciutto ed aggraziato, forse un po' troppo magro per la sua statura.
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"Davvero, Ai, sei un metro e settanta-"
"Settasette." Quello lo corregge, con un po' di orgoglio.
"Ecco, uno e settantasette e pesi quanto? Un po' più di sessanta chili? Com'è che non sei morto?" Rin chiede quasi in tono di rimprovero, aggrottando le sopracciglia. "Eppure mangi. A meno che-"
Ai sembra saltare per aria prima che possa finire la frase, e scuote la testa vigorosamente.
"No, no! Rin-senpai, mangio eccome! Non so perché sia così magro, ma mangio, giuro!"
"Di che parlate?" Sousuke li interrompe, con un sopracciglio alzato.
"Sousuke! Non ti sembra che Ai sia un po' troppo magro?" Rin chiede mentre il più alto si unisce a loro, camminando verso l'ala dell'Accademia dove stanno andando tutti, per visitare gli stand degli altri club.
"Sì, ovviamente," Sousuke risponde, scrollando le spalle. "L'hai notato solo adesso?"
"No, è che..."
"Aaah, io torno al bar!" Ai li interrompe, trotterellando verso i loro tavoli dove i ragazzi del secondo anno stanno ancora servendo drink colorati.
Sousuke solleva un sopracciglio e Rin tenta in tutti i modi di non arrossire, mentre solleva le spalle e fa cenno all'altro.
"Andiamo dagli altri," dice, dirigendosi verso il gruppo di ragazzi della Iwatobi che al momento si trova alle prese con Momo, disperato perché indossa anche lui il vestito da maid. "Scusate il ritardo, gente," esordisce, e subito dopo Nagisa trilla, "Ah! Sou-chan!"
"Sou...-chan?"
Rin lancia uno sguardo verso Ai, e nel tono più casuale comunica a lui e Momo che possono prendersi una pausa, per poi guardare il primo che viene trascinato via dall'entusiastico Momo verso il 'Café Cervi Volanti', qualsiasi cosa sia, con un sorriso.
"Allora, andiamo anche noi?" Chiede, soddisfatto, con le mani nelle tasche.

Fandom: Noragami Aragoto
Personaggi: Kazuma/Bishamonten
Parole: 1095
Prompt: devozione


Ancora non sa come si fa a credere a cose come questa. Prima di tutto, perché non lo credeva possibile. Kazuma ha fatto di tutto per mettere in silenzio i suoi desideri. Come shinki, non gli si addice di volerle stare accanto in altro modo che per assisterla e guidare i suoi colpi in modo che siano sempre precisi e mortali.
"Veena." Passa le dita fra i suoi lunghi capelli biondi mentre lei, con sicurezza, stringe il suo viso fra le mani, come se Kazuma potesse o volesse davvero fuggire. "Non... non dovremmo fare queste cose. Le Sette Divinità della Fortuna..."
"... Non possono intrattenere relazioni romantiche. Eppure abbiamo aiutato Ebisu e abbiamo addirittura sfidato il cielo per farlo. Le regole a questo punto sono già state tutte infrante," Bishamon risponde con un velo di rabbia.
"E l'hanno ucciso," Kazuma risponde, con un piccolo sorriso triste.
"Non me lo ricordare," lei risponde guardando in basso verso di lui, i capelli che le cadono lisci e brillanti fino al lenzuolo, guardando Kazuma sdraiato sotto di lei. Il suo petto è nudo, eppure lui non lo guarda. Guarda i suoi occhi viola, tentando di capire.
"Veena, è per questo che lo stai facendo? Perché sei arrabbiata?" Le chiede con calma, solo con una espressione seria. È una Dea e in quanto Dea è perfetta e non può sbagliare, ma certe volte sembra così umana...
"No," lei risponde subito, ma poi si morde il labbro abbassando gli occhi incerta. "Forse..."
"Non solo," aggiunge infine, tornando a guardare negli occhi marroni, così comuni, di Kazuma. Lui la osserva, con un sospiro, e finalmente solleva una mano per farla scorrere lungo la curva del collo della sua Dea, a partire dall'orecchio dove lei lo indossa quando combattono assieme. Nonostante siano entrambi nudi, una a cavalcioni sopra l'altro, quello è il gesto più intimo, quello che non si è mai permesso di compiere prima. Non che prima avessero mai giaciuto completamente indifesi l'uno con l'altra, ma quell'aspetto della situazione corrente quasi viene del tutto ignorato, sapendo che sotto quel collo c'è vita e che sarebbe facile stringere le dita per chiunque altro. Il fatto che lei glielo lasci fare, quindi, parla un po' da solo di quanto lei si fidi.
Finalmente si piega a baciarlo, lieve, e poi arrossisce violentemente quando lo sente crescere sotto di lei.
"S-scusami, Veena..." Kazuma bisbiglia coprendosi il viso in frustrazione. "M-mi dispiace..."
"Kazuma," lo chiama però dopo qualche secondo. "È quello che voglio."
Le mani dell'uomo si fermano quando inspira frettolosamente, e poi le abbassa per guardarla di nuovo, rosso in viso quanto lei.
"Veena..." Gli piace chiamarla così. Dà al suo nome quella gentilezza che quasi tutti gli altri non vedono. "Se è quello che vuoi, allora va bene," si arrende finalmente, nonostante sia, di nuovo, vietato per lei fare questo. Con uno shinki, peraltro!
"È quello che voglio," lei lo rassicura, per poi baciarlo ancora, le mani che prendono ad esplorare curiose il suo corpo. Kazuma non è abituato a lasciarsi andare così, ma... non è un segreto per nessuno che non le possa resistere, non a lungo. Non quando in fondo ha sognato questo così a lungo che si chiede se ci sia mai stato un giorno della sua esistenza da regalia in cui non l'abbia desiderata. La sua mano rimane sulla spalla di Bishamon, esitante, ma poi tremando scivola giù, segue i solchi del suo petto, ed entrambi strozzano un respiro quando il suo palmo le scalda appena un seno.
"Veena," la chiama ancora, adesso desideroso. Eppure non lo sa, se può davvero permettersi di desiderarla e prendersela. Lui è un umile shinki, e anche se è diventato di grado più alto lei rimane una Dea, una delle Divinità della Fortuna per giunta, e... e lui è solo un piccolo uomo al quale è stato donato l'onore di aiutarla. Di guardarla, di ammirarla anche se da lontano, di vederla sorridere. E il peso di vederla anche soffrire sentendosi impotente. "Veena, io... Io non..."
Lei lo bacia ancora, per zittirlo, per mettere le obiezioni a tacere.
"Mi vuoi tu?" Gli chiede, conoscendo già la risposta. Sarà una Dea della guerra, ma riconosce l'amore perché in fondo i conflitti nascono anche da esso.
Sono quelli che fanno più male.
"Sì," Kazuma risponde senza esitare. "Ma sono solo un regalia."
"'Solo'?" Bishamon scatta, ora sollevandosi ed ergendosi sopra di lui, con una espressione improvvisamente dura. "Come osi dire che i miei shinki valgono meno di me? Vuoi dire che anche ciò che ho fatto quando li ho presi con me non ha valore?" Tuona, con rabbia.
Gli occhi di Kazuma si allargano a dismisura, ed alza entrambe la mani davanti al proprio petto, intimorito.
"Non è quello che intendevo dire," risponde, con calma. "Intendevo dire che gli altri Dei..."
"Non mi interessa. O gli Dei non sbagliano e quindi non sbaglio nemmeno io a volerti, o gli Dei sbagliano, e sbagliano anche tutti gli altri, non solo io," Bishamon risponde in tono aggressivo, per poi placarsi. E finalmente si muove sopra di lui, magari più per rabbia che altro, ma i tremiti dell'uomo sotto di lei la placano, e poi anche lei sembra rimanere turbata dalle scosse che scorrono dal suo ventre diramandosi verso tutto il corpo, scaldandolo.
"Kazuma..." Sospira, e poi lo guida dentro di sé piano, con sospiri sempre più pesanti e veloci, con piccoli gemiti acuti che Kazuma non le ha mai sentito emettere. I suoi occhi si concentrano sul viso intenso della Dea e poi, finalmente, i suoi sensi si concedono di concentrarsi sul suo stesso piacere, caldissimo e morbido, mentre lei ondeggia incerta sopra di lui.
"Veena, io..."
"Chōki, fai la tua scelta e smetti di titubare," Bishamon si ferma e gli ordina col suo nome da regalia in un tono secco, quasi aggressivo, che per Kazuma significa decisione, non violenza. Stringe le dita attorno al fianco della sua Dea e poi chiude gli occhi con un lungo respiro, prima di annuire.
"Okay. Scusami, Veena..." Mormora infine con una scossa al cuore quando sente il suo nome, che lei gli ha dato, con un sorriso gentile. E poi il suo viso si rilassa quando lei ricomincia a muoversi lentamente, poi con più rapidità su di lui.
Il viso di Bishamon rimane serio e duro per un secondo, prima di sciogliersi di nuovo ed i suoi occhi si chiudono permettendo a Kazuma di vederla godere bellissima senza fredo, di sentirla bagnarsi sempre di più attorno a lui.
Scelgo te, si decide, per davvero. Dovessi morire per averlo fatto, scelgo te.



Fandom: Originale
Personaggi: F/F
Avvertimento: incest
Parole: 1448
Prompt: Fingering in classe all'ultimo banco, mentre il professore spiega.


"Te sei fuori," Erica sibila fra i denti, sottovoce, lanciando solo una occhiata alla ragazza seduta accanto a sé, Francesca.
Francesca ha i capelli rossi, lunghi e ricci, qualche lentiggine sparsa sul viso e gli occhi marroni, chiari; il portamento sarebbe poi da ragazza perbene, da teenager che legge ed esce con le amiche fino alle undici e torna sempre a casa in tempo per evitare le strigliate, prima che mamma cominci a tormentarla via telefono preoccupandosi.
Erica ha i capelli scuri, lisci, con una frangia lunga che suo padre le dice sempre di tagliare ma non lo fa mai; i suoi vestiti sembrerebbero una versione goth di Sailor Moon se Sailor Moon fosse stata una serie sui vampiri della Mediaset. Porta delle gonne di media lunghezza e nere, oggi, regalo proprio di Francesca.
Francesca stamattina le ha detto: "ti stanno bene, Eri," prima di lanciarle uno sguardo divertito e precederla in classe.
Il Prof sembra tutto fuorché interessato al livello di attenzione della classe. È sempre così. Ormai ha rinunciato ad aspettarsi che questi ragazzi e ragazze imparino qualcosa di materie scientifiche, perché 'tanto sono al Linguistico'. Perché tanto nessuno di loro farà mai nulla di degno, sembra essere il messaggio implicito.
Francesca sembra fregarsene completamente, comunque. Lei e Erica hanno i voti più alti nella materia, la media di Francesca però è più alta. E non c'è bisogno di studiare, perché tanto la madre di Erica è ragioniere e quando si avvicina la data di una verifica Francesca va sempre a casa sua a farsi spiegare le lezioni da qualcuno di competente. Non come il Prof che, essendosi arreso, usa un linguaggio volutamente troppo complesso. Come a dire che questa classe se l'è cercata, di beccarsi le lezioni estive per recuperare i voti.

"Te sei assolutamente fuori," Erica ripete con la voce sottilissima che trema, il corpo pietrificato per il terrore. Il Prof sarà anche del tutto menefreghista per quanto concerne la sua classe, ma se si accorgesse che una delle sue ragazze sta stuzzicando l'altra sotto la gonna, dopo aver scostato le mutande, di sicuro entrambe finirebbero in guai davvero troppo seri. E sinceramente, Erica non è sicura che il Prof, una volta a casa, non si toccherebbe pensandoci. Quella possibilità le fa arricciare il naso per lo schifo, ma le dita di Francesca la tormentano e lei non può farci nulla, solo sperare di non emettere suoni impropri ad ogni tocco dell'altra.
"Mi sto annoiando," Francesca risponde con un ghigno che si addice davvero poco alla ragazza perbene che la sua famiglia crede che lei sia. Loro mica lo sanno che ogni volta che torna alle undici e si mette subito a letto, lo fa con un vibratore stretto fra le cosce perché non faccia rumore, pensando ai baci di Erica. I suoi baci di quando la lecca fra le gambe disordinatamente.
Loro mica lo sanno che adesso sta toccando Erica fra le labbra morbide e giocando con il suo organo umido, caldissimo, che la sta facendo impazzire mentre allo stesso tempo le viene da ridere di tutti (tutti tranne Erica, ovviamente), soprattutto di loro. Non lo sanno che l'unico motivo per cui la loro figlia non è ancora stata rivelata come lesbica è che quando fa certe cose, le fa di nascosto e con un atteggiamento assolutamente normale. Se lo sapessero, la caccerebbero fuori di casa. Le direbbero che è una troia e che almeno si trovasse un fidanzato al quale fare i bocchini invece di fare quelle schifezze con altre ragazze. Eppure lei le fa lo stesso, forse per questo stesso motivo.
Erica le afferra il polso, nervosa.
Francesca le si avvicina con la sedia guardando in basso al libro che stanno fingendo di condividere, visto che Erica ha dimenticato il proprio a casa e si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio con la mano libera prima di appoggiarsi al banco con il gomito, gli occhi fissi sulla stessa frase. Ogni tanto addirittura lancia pure una occhiata al Prof, tanto per mostrare abbastanza interesse da non risultare sospettosa.
"Taci," bisbiglia, approfittando della maggior vicinanza per spingere la propria mano più a fondo, fino ad infilare la punta di un dito direttamente dentro ad Erica. Che si irrigidisce ancora di più, che strizza gli occhi ringraziando la sua frangia bizzarra che le copre metà della faccia. Stringe le gambe impulsivamente attorno alla mano di Francesca, che però continua a torturarla col dito, che la accarezza e ghigna appena mentre lo fa, che porta la stessa espressione di quando sta per infilare la testa fra le gambe di Erica e baciarla, leccarla nel modo più osceno che possa immaginare. Quella espressione non promette assolutamente nulla di buono. Ma poi smette, ritira la mano proprio mentre Erica sta per squittire di piacere suo malgrado, e si asciuga la mano sui jeans. Le lancia un'occhiata, come per dire che non è finita. Erica si sta ancora riprendendo, il suo viso è rosso, ed è un po' piegata su se stessa, ma la sta maledicendo in tutti i modi che conosce perché lei al contrario di Francesca si è già messa nei guai con la scuola, e se qualcuno sapesse che si fa infilare le dita nella vagina regolarmente entro le quattro mura dell'edificio, sicuramente avrebbe ancora più problemi. Non che in genere ne stia proprio lontana, in ogni caso. C'è un motivo se lei e Francesca da piccole fossero notoriamente le bambine più perfide del loro quartiere. Sempre pronte a prendere in giro altre bambine, sempre più ricche e carine e popolari di tutte comunque.
C'è un motivo se Erica sia l'unica persona che conta davvero per Francesca. Perché non si giudicano per le stronzate che fanno assieme, non potrebbero. In quel senso, sono uguali.
"Erica, stai male?" Il Prof chiede, dissipando tutti i pensieri dalle menti di entrambe, e mezza classe si gira verso di loro. Certo, dev'essere sembrato così visto che Erica era tutta ingobbita e rossa in viso.
"Eh, sì, Prof," lei risponde immediatamente, stringendo il polso di Francesca con decisione. "Posso andare in bagno?"
"Vai, vai," l'uomo le dice, gesticolando.
"Posso andare con lei? In caso succeda qualcosa..." Francesca chiede, con una espressione di preoccupazione.
Il Prof la guarda, scettico. Ma tanto chissenefrega. Queste due hanno già voti buoni. Chissenefrega.
"Sì, vai."

"Cazzo cazzo cazzo cazzo," Erica bisbiglia con la testa premuta all'indietro contro il muro divisorio di uno dei bagni, proprio sul disegnino osceno di un pene accanto ad un numero di cellulare.
Francesca ride con la testa sotto alla sua gonna, con le dita di una mano che la toccano fra le proprie gambe.
"Cazzo cazzo cazzo," Erica ripete, con un tono isterico, mentre la lingua di Francesca la riempie di lappate aggressive, con due dita che la tengono aperta, e succhia il suo gonfiore, la parte più sensibile di lei, con una aggressività e suoni umidi che sperano nessun altro senta. Ma è così eccitante sapere che da un momento all'altro qualcuno potrebbe saltare fuori con la stessa scusa del malore e sentire Erica che tenta di non gemere e i respiri pesanti di Francesca.
"Fra'," la chiama a bassa voce, ma con urgenza, guardando in basso alla testa nascosta dalla sua gonna. "Cazzo, Fra'," ripete, a fuoco, e poi stringe i denti fortissimo sul labbro inferiore, con la lingua fra le sue labbra nascoste che si muove sempre più veloce, con la bocca di Francesca che ora cozza e la bacia e lecca e succhia e si spinge contro di lei con la testa che si muove violentemente. E poi Erica lascia andare un gemito alto e strozzato ridiventando conscia dei battiti del proprio cuore velocissimi, del suo respiro affannoso, e delle mutande che Francesca ha riposizionato prima di emergere da sotto la sua gonna con le sue guance rosse e i suoi capelli disordinati ed il suo sorriso da monella. Lo stesso sorriso di quando da piccole rubavano al bar e poi si spartivano il bottino al parchetto. Non che ne avessero bisogno, ma perché insomma, chi non vuole merendine gratis?
"Vaffanculo, ti odio," Erica esala fra i risolini acuti dell'altra che è ancora inginocchiata a terra sbrigandosi con le dita fra le proprie gambe, buttando di nuovo la testa indietro e poi ascoltando il silenzio nel bagno. "Secondo te ci ha sentito qualcuno?"
"No, ti pare? Sennò saremmo già col culo rotto."
"Speriamo," risponde Erica, fra un respiro pesante e l'altro. "Sei una cazzo di stronza," aggiunge poi, guardando Francesca mentre si tende e viene silenziosamente. Eh, certo, lei lo può fare. Erica non è capace di farlo in silenzio.
"E vabbè," Francesca risponde tranquilla, per poi baciarla. "Non è che siamo cugine per caso.



Fandom: Originale
Personaggi: M/M
Parole: 1084
Prompt: 'Sì, signor vampiro, mi succhi il sangue, la prego.'


Il velo bianco di seta che circonda il loro letto sparge una luce soffusa sui due corpi nudi e mischiati assieme fra le lenzuola, in movimento perenne, che si toccano appena mentre i loro respiri appesantiti scacciano via qualsiasi altro rumore.
Le labbra di Leo sono strette in una linea sottile, pallide. I suoi occhi color nocciola brillano pure nell'ombra del giorno che volge alla fine. La mano che lo tiene premuto contro il letto, nonostante sia ancorato alla testiera con un fazzoletto stretto attorno ai polsi, gli impedisce di muovere il proprio corpo come vorrebbe, di cercare contatto e frizione per soddisfare le sue voglie.
"Stai fermo," Virgo risponde in un sibilo, gli occhi rossi e scuri di desiderio che sembrano riempire tutto lo spazio sul suo viso. Leo vede solo quelli, ci si perde con brividi che lo fanno tendere lievemente, ed il suo respiro prende velocità ma anche peso, smuovendo appena i propri capelli neri dalla fronte.
"Virgo... succhiami il sangue," Leo chiede, il bacino che ondeggia sotto il peso del vampiro per stimolarlo. "Ti prego."
L'altro, con gli occhi che si allargano appena e le mandibole contratte, ringhia un po' affondando il naso contro il collo di Leo, con la tentazione che scorre dritta al cervello e pulsa come il fastidio fra le sue cosce magre.
"Non voglio ucciderti," grugnisce, per poi inspirare a fondo un po' dell'aroma di vita e sangue che scorre con chiarezza nel corpo vivo del suo amante.
"Non mi ucciderai. Ma mi piace quando mi mordi," Leo risponde con altri brividi sotto pelle. "E poi è da tanto che non ti nutri. Prendi il mio sangue, Virgo."
L'altro scuote la testa lottando contro sé stesso per un momento, le mani che tremano sui polsi di Leo che palpitano sotto il palmo della sua mano.
Finalmente annusa ancora il collo di Leo, ne apprezza l'aroma maschile assieme al tenue profumo di colonia, ma soprattutto l'odore ferreo di sangue vivo, rosso e intenso che scorre sotto le sue labbra, sotto la pelle tenera, che dona calore. Quello che lui non ha più.
Infine si arrende ai propri istinti, apre la bocca e chiude i denti con forza sulla spalla dell'altro uomo, che dapprima lamenta il dolore ma poi prende ad ansimare veloce, stringendosi attorno al corpo del vampiro, le cosce che si schiudono facilmente, invitanti, tutto il suo corpo robusto che si rilassa mentre prende a gemere con forza. Il veleno nella bocca di Virgo si diffonde in tutto il suo corpo, lo manda a fuoco, infiamma il suo sangue e Leo perde il controllo, agita la testa, spinge il bacino contro quello dell'uomo antico sopra di lui.
"Virgo... Virgo," chiama, bisognoso. "Virgo, mettilo dentro..."
Virgo lo tocca fra le natiche, che immediatamente si stringono, e la sua bocca si chiude con più forza attorno alla spalla dell'umano piena di sangue zampillante, delizioso, che lo rende schiavo.
La sua mano scorre attorno all'erezione di Leo, l'accarezza un po' di volte finché non avverte un gemito più forte e subito quello viene fra le sue dita, ma non smette di ansimare e contrarsi come se fosse ancora al picco del proprio piacere. Virgo non molla la presa sulla sua spalla, ma usa il suo liquido per bagnare la sua fessura, e poi spinge violento con le dita, due per iniziare. Il corpo di Leo si inarca sotto di lui, lo cerca, disperato, si stringe, si contrae, e le sue labbra chiamano "Virgo" incessantemente. Il veleno distrugge qualsiasi legge naturale del suo corpo, è estasi continua, lo spinge oltre i limiti di ciò che credeva possibile provare, e la sua mente è in pace completa, supera qualsiasi altra percezione, e non sa se il ribollire sotto la sua pelle sia per le fiamme dell'inferno o per il calore del paradiso. Neanche gli interessa. Il suo corpo prende a spingere con forza, le sue gambe si issano attorno ai fianchi di Virgo per strofinarsi di più contro di lui, per far montare il piacere così tanto da farlo esplodere di nuovo.
Virgo spinge le dita dentro di lui, nella sua carne appena inumidita, stupito di come Leo non si accorga di alcun dolore, di come continui a risucchiarlo dentro di sé, mentre il proprio corpo si rinvigorisce col sangue che sgorga nella sua bocca, dissetandolo.
Leo viene ancora fra i loro corpi eppure il suo sesso rimane turgido e duro, continua a cercare ancora più piacere, continua a sfinirsi nella voglia. A quel punto dovrebbe fare male, eppure continua a tendersi e indurirsi. E quello è il segnale che è ora di smetterla. Cautamente, Virgo stacca i canini affilati dalla spalla di Leo, che subito prova una sensazione di vuoto che spegne i suoi occhi.
"Virgo..." si lamenta con la voce roca per le urla di estasi che ha appena liberato.
"Non ti voglio uccidere," l'altro risponde, sistemandosi fra le sue gambe. Lentamente entra in lui, i capelli rossi e corti che per un momento sembrano fuoco mentre spinge con piccoli ansiti dentro il corpo già caldo e sudato dell'altro.
"Ah, Virgo..." Leo bisbiglia, con le gambe che iniziano a tremare, minacciano di contrarsi e fare male. "Virgo..." chiama di nuovo, piano, e poi stringe il labbro fra i denti, ancora preso da piccole convulsioni che succedono l'orgasmo intenso di prima.
Virgo si china su di lui, mordendo il lobo del suo orecchio piano, e poi i suoi fianchi cominciano a scattare veloci e violenti, strappando gemiti più alti e acuti dall'uomo sotto di sé.
"Leo, sei dolcissimo," mormora soffice e deliziato. "Sei così bello, così caldo, così- ah, così..." ringhia, annusando ancora il sangue che gocciola dalle ferite appena inferte. Passa la lingua sulla scia rossa che scende verso il materasso, e Leo singhiozza di piacere, scuotendo le catene agganciate ai suoi polsi.
"Posso venire dentro di te?" Virgo gli chiede, basso, bisbigliando nel suo orecchio col proprio corpo tutto teso, sospeso sul proprio limite.
"Sì," Leo risponde immediatamente, e subito gorgoglia per la sensazione di sentirsi pieno, pieno di Virgo e del suo liquido, mentre i due corpi vengono scossi dai tremiti del piacere dal quale, fra l'altro, Leo non è ancora sceso.
I due corpi si muovo ancora un po' assieme, pelle strofinata contro altra pelle, per soddisfare le scintille di eccitazione rimaste, finché Leo non guarda la Luna nel cielo e poi le sue palpebre si abbassano, con la vaga coscienza di un corpo lievemente più freddo del suo che lo accoglie fra le proprie braccia.
 
 
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