Titolo: Last Cheat.
Fandom: Sherlock Holmes 2009
Personaggi: Holmes, Watson,Mary
Genere: ...Drammatico? .-.
Note: Sì, oggi sono in forma, direi *O* ho scritto di più oggi che in due mesi. Gli ultimi due mesi, in effetti. In ogni caso AMO questa fic. Non mi frega niente se è mia, la AMO. Mi piace, e questo non succede molto spesso. In ogni caso manca il terzo capitolo. Non so esattamente cosa succederà, ma un'idea ce l'ho e presumibilmente anche voi <3 Come potete notare, lo stile cambierà un pò verso la fine e assomiglierà sempre di più al mio solito XD personalmente mi ricorda quella vecchia tragedia di Microcuts .-. però davvero, spero vi piaccia *____*
Continuai a rivolgergli occhiate fugaci mentre venivamo scarrozzati fino a casa mia, a . Sembrava assolutamente sereno, perfino compiaciuto. Non riuscivo a convincermi che potesse essere felice per me, sapevo che lasciarmi andare per lui era stato un supplizio, qualcosa che aveva accettato solo per non sacrificare la nostra amicizia, per non perdermi del tutto. Potevo capirlo, era stato difficile anche per me, ma l'amore per Mary era nato in maniera così inaspettata, ed era così forte, che mi aveva spinto a rinunciare all'unico rapporto davvero stretto che avessi mai allacciato con qualcuno, prima del caso de Lo Studio In Rosso.
Non parlammo molto, in verità, sembravamo assorti ognuno in pensieri troppo lontani per l'altro, come se fossimo sempre vissuti in Paesi diversi e quella fosse la prima volta che ci trovavamo nello stesso luogo insieme. Fui preso di nuovo dalla malinconia.
Una volta arrivati, scesi dalla carrozza dando qualche moneta al cocchiere, che dopo qualche istante riprese la corsa sparendo dietro un angolo.
-A quanto pare la sua signora sta cucinando,- osservò Holmes e lo vidi sorridere con la coda degli occhi.
-Sì, a quanto pare sì,- risposi, assorto, salii i gradini ed aprii la porta, seguito dal mio amico.
La prima cosa che notai era l'odore nauseante di putrefazione, non molto forte ma abbastanza evidente nell'aria stantia. Che mia moglie avesse dimenticato qualcosa e che fosse marcito? Impossibile, pensai, Mary è sempre così ordinata e attenta!
Feci ancora qualche passo dentro casa, insospettito, avvertendo ancora quel senso sottile e indefinito di inquietudine, angoscia.
Holmes mi passò a fianco, per cercarla nella stanza adiacente, ovvero quella per pranzare. Io cercai cautamente in cucina, in preda sempre allo stesso presentimento. Non sapevo perché il mio petto tamburellasse così, e perché le mie mani sudassero.
Dopo qualche secondo, e appurato che in cucina non c'era, mi rivolsi all'investigatore. Quando notai che sul suo viso c'era un'espressione scioccata e che era sbiancato, strinsi i pugni e mi precipitai in salotto, dal quale usciva.
-Watson, non credo che dovrebbe...,- cominciò mormorando, ma non finì prima che vedessi quello che c'era nella stanza.
Mi immobilizzai dov'ero.
Per terra c'era una scarpa con il tacco corto, di un celeste pastello come piaceva a lei.
Alzai lo sguardo e i miei occhi si spalancarono mentre sentivo un senso di vuoto assoluto nel ventre, come se mi fossero state risucchiate le interiora in un buco nero.
Appesa al soffitto c'era una robusta corda. Appeso alla corda c'era il collo sottile di Mary.
Non so se ho urlato. Ancora oggi non ho la forza di descrivere il suo pallore mortale, gli occhi aperti e rovesciati, le labbra bianche schiuse e immobili.
So solo che in quel momento persi ogni forma di ragione, mi aggrappai al suo polso pur sapendo meglio di chiunqe che ormai era troppo tardi. Non c'era più niente da fare. Nessun inganno, stavolta.
Il mio amore era appassito, morto, era stato strappato via da me senza che nemmeno lo sapessi. Ma lo sentii. Era come se qualche mano crudele avesse preso il mio cuore e l'avesse rotto in due staccando gli alveoli dai ventricoli, e io sentivo tutto quel dolore.
Piansi. Per la prima volta in anni, forse da tutta una vita, caddi in ginocchio e piansi disperatamente accartocciandomi al pavimento, rantolando fra un singhiozzo e l'altro.
Dopo qualche secondo sentii un paio di mani afferrare delicatamente le mie spalle ed aiutarmi a rialzarmi. Vidi Holmes, e scorsi nei suoi occhi, fra le lacrime, una lieve forma di soddisfazione. Subito la mascherò con un'espressione luttuosa che non gli riusciva affatto bene.
Fui scosso da una rabbia folle, selvaggia e indefinita.
-Dov'è?,- urlai fuori di me, lo sguardo allucinato.
-Chi?,- mormorò Holmes.
-Il porco figlio di puttana che ha fatto questo! Dov'è?,- sbraitai di nuovo, prendendolo per il colletto e scuotendolo.
Il mio amico sembrò colpito quasi a morte dalle mie parole, e scosse la testa.
-Non lo so, Watson, io...
-Sei stato tu!,- urlai. -Sei stato tu, lo so che sei stato tu! Tu hai ucciso la mia Mary! Sei...sei stato tu...,- singhiozzai infine, affievolendomi e sentendo le gambe molli. Mi aggrappai disperatamente al suo cappotto, piangendo ancora. Ero l'immagine di un uomo distrutto.
Rimase in silenzio. Da dov'ero, potevo sentire il suo cuore battere all'impazzata. Il presentimento di prima pulsò ancora e si ingrandì, si piegò e raggiunse qualche zona consapevole del mio cervello.
-Sei stato tu.
Holmes mi guardò dall'alto in basso, con aria calcolatrice.
-Sì, Watson, sono stato io.
Per un attimo sentii che la terra sotto i piedi mi veniva a mancare e che stavo per cadere all'indietro.
-Sono stato io, Watson, e le dico che avrei dovuto farlo molto tempo fa.
"Lei non è umano!"
In quel momento caddi davvero, ma lui mi raccolse prima che potessi sbattere la testa.
-Holmes, proprio lei...,- piagnucolai, incredulo.
Il mio migliore amico, proprio colui che indagava e incastrava criminali, ladri, assassini...proprio lui che mi conosceva così bene, proprio lui che prima di agire ragionava con un rigore quasi meccanico. Come aveva potuto? Come, come?
Mi fissò a lungo, e in quei secondi sentii quasi fisicamente pezzi di tutta la mia vita sgretolarsi ai miei piedi, mi sentii avvizzire nell'anima.
Sherlock Holmes l'assassino.
Non suonava bene, non era appropriato, non era possibile. Era tutto un incubo.
Ebbi paura.
Di lui e di quello che era diventato.
-P...perché?,- balbettai, senza forze.
Lui mi guardò e, sentendo la mia domanda, per la prima volta lo vidi infiammarsi per qualcosa che non fosse la pista giusta per la soluzione di un caso.
-Perché lei non ha tenuto conto di me. Sapeva cosa provavo...cosa provo, per lei. Sapeva di avermi costretto a fare questo fin dal momento in cui ha infilato l'anello al dito di quella donna-, e indicò mia moglie che penzolava lugubre dal soffitto. -Perché non le è importato niente se sono rimasto solo, se lei mi ha lasciato solo per andarsene dalla mia vita.
Si chinò verso di me, rabbia e passione mescolati insieme nei suoi occhi scuri e liquidi.
-Perché io l'amo.
Subito dopo afferrò il mio viso e posò le sue labbra sulle mie.
Rimasi pietrificato, tutto il mio corpo si irrigidì. Non sapevo come reagire, non potevo capire perché agisse in quel modo.
Holmes che prova sentimenti? Mi sconvolse più di qualsiasi altra cosa.
Provai un senso oscuro di attrazione e insieme di repulsione; avrei voluto che mi spogliasse lì, dov'eravamo, e avrei anche voluto picchiarlo e poi fuggire. Fuggire via dal dolore, da Londra, da quell'orrore, da lui.
Fandom: Sherlock Holmes 2009
Personaggi: Holmes, Watson,
Genere: ...Drammatico? .-.
Note: Sì, oggi sono in forma, direi *O* ho scritto di più oggi che in due mesi. Gli ultimi due mesi, in effetti. In ogni caso AMO questa fic. Non mi frega niente se è mia, la AMO. Mi piace, e questo non succede molto spesso. In ogni caso manca il terzo capitolo. Non so esattamente cosa succederà, ma un'idea ce l'ho e presumibilmente anche voi <3 Come potete notare, lo stile cambierà un pò verso la fine e assomiglierà sempre di più al mio solito XD personalmente mi ricorda quella vecchia tragedia di Microcuts .-. però davvero, spero vi piaccia *____*
Continuai a rivolgergli occhiate fugaci mentre venivamo scarrozzati fino a casa mia, a . Sembrava assolutamente sereno, perfino compiaciuto. Non riuscivo a convincermi che potesse essere felice per me, sapevo che lasciarmi andare per lui era stato un supplizio, qualcosa che aveva accettato solo per non sacrificare la nostra amicizia, per non perdermi del tutto. Potevo capirlo, era stato difficile anche per me, ma l'amore per Mary era nato in maniera così inaspettata, ed era così forte, che mi aveva spinto a rinunciare all'unico rapporto davvero stretto che avessi mai allacciato con qualcuno, prima del caso de Lo Studio In Rosso.
Non parlammo molto, in verità, sembravamo assorti ognuno in pensieri troppo lontani per l'altro, come se fossimo sempre vissuti in Paesi diversi e quella fosse la prima volta che ci trovavamo nello stesso luogo insieme. Fui preso di nuovo dalla malinconia.
Una volta arrivati, scesi dalla carrozza dando qualche moneta al cocchiere, che dopo qualche istante riprese la corsa sparendo dietro un angolo.
-A quanto pare la sua signora sta cucinando,- osservò Holmes e lo vidi sorridere con la coda degli occhi.
-Sì, a quanto pare sì,- risposi, assorto, salii i gradini ed aprii la porta, seguito dal mio amico.
La prima cosa che notai era l'odore nauseante di putrefazione, non molto forte ma abbastanza evidente nell'aria stantia. Che mia moglie avesse dimenticato qualcosa e che fosse marcito? Impossibile, pensai, Mary è sempre così ordinata e attenta!
Feci ancora qualche passo dentro casa, insospettito, avvertendo ancora quel senso sottile e indefinito di inquietudine, angoscia.
Holmes mi passò a fianco, per cercarla nella stanza adiacente, ovvero quella per pranzare. Io cercai cautamente in cucina, in preda sempre allo stesso presentimento. Non sapevo perché il mio petto tamburellasse così, e perché le mie mani sudassero.
Dopo qualche secondo, e appurato che in cucina non c'era, mi rivolsi all'investigatore. Quando notai che sul suo viso c'era un'espressione scioccata e che era sbiancato, strinsi i pugni e mi precipitai in salotto, dal quale usciva.
-Watson, non credo che dovrebbe...,- cominciò mormorando, ma non finì prima che vedessi quello che c'era nella stanza.
Mi immobilizzai dov'ero.
Per terra c'era una scarpa con il tacco corto, di un celeste pastello come piaceva a lei.
Alzai lo sguardo e i miei occhi si spalancarono mentre sentivo un senso di vuoto assoluto nel ventre, come se mi fossero state risucchiate le interiora in un buco nero.
Appesa al soffitto c'era una robusta corda. Appeso alla corda c'era il collo sottile di Mary.
Non so se ho urlato. Ancora oggi non ho la forza di descrivere il suo pallore mortale, gli occhi aperti e rovesciati, le labbra bianche schiuse e immobili.
So solo che in quel momento persi ogni forma di ragione, mi aggrappai al suo polso pur sapendo meglio di chiunqe che ormai era troppo tardi. Non c'era più niente da fare. Nessun inganno, stavolta.
Il mio amore era appassito, morto, era stato strappato via da me senza che nemmeno lo sapessi. Ma lo sentii. Era come se qualche mano crudele avesse preso il mio cuore e l'avesse rotto in due staccando gli alveoli dai ventricoli, e io sentivo tutto quel dolore.
Piansi. Per la prima volta in anni, forse da tutta una vita, caddi in ginocchio e piansi disperatamente accartocciandomi al pavimento, rantolando fra un singhiozzo e l'altro.
Dopo qualche secondo sentii un paio di mani afferrare delicatamente le mie spalle ed aiutarmi a rialzarmi. Vidi Holmes, e scorsi nei suoi occhi, fra le lacrime, una lieve forma di soddisfazione. Subito la mascherò con un'espressione luttuosa che non gli riusciva affatto bene.
Fui scosso da una rabbia folle, selvaggia e indefinita.
-Dov'è?,- urlai fuori di me, lo sguardo allucinato.
-Chi?,- mormorò Holmes.
-Il porco figlio di puttana che ha fatto questo! Dov'è?,- sbraitai di nuovo, prendendolo per il colletto e scuotendolo.
Il mio amico sembrò colpito quasi a morte dalle mie parole, e scosse la testa.
-Non lo so, Watson, io...
-Sei stato tu!,- urlai. -Sei stato tu, lo so che sei stato tu! Tu hai ucciso la mia Mary! Sei...sei stato tu...,- singhiozzai infine, affievolendomi e sentendo le gambe molli. Mi aggrappai disperatamente al suo cappotto, piangendo ancora. Ero l'immagine di un uomo distrutto.
Rimase in silenzio. Da dov'ero, potevo sentire il suo cuore battere all'impazzata. Il presentimento di prima pulsò ancora e si ingrandì, si piegò e raggiunse qualche zona consapevole del mio cervello.
-Sei stato tu.
Holmes mi guardò dall'alto in basso, con aria calcolatrice.
-Sì, Watson, sono stato io.
Per un attimo sentii che la terra sotto i piedi mi veniva a mancare e che stavo per cadere all'indietro.
-Sono stato io, Watson, e le dico che avrei dovuto farlo molto tempo fa.
"Lei non è umano!"
In quel momento caddi davvero, ma lui mi raccolse prima che potessi sbattere la testa.
-Holmes, proprio lei...,- piagnucolai, incredulo.
Il mio migliore amico, proprio colui che indagava e incastrava criminali, ladri, assassini...proprio lui che mi conosceva così bene, proprio lui che prima di agire ragionava con un rigore quasi meccanico. Come aveva potuto? Come, come?
Mi fissò a lungo, e in quei secondi sentii quasi fisicamente pezzi di tutta la mia vita sgretolarsi ai miei piedi, mi sentii avvizzire nell'anima.
Sherlock Holmes l'assassino.
Non suonava bene, non era appropriato, non era possibile. Era tutto un incubo.
Ebbi paura.
Di lui e di quello che era diventato.
-P...perché?,- balbettai, senza forze.
Lui mi guardò e, sentendo la mia domanda, per la prima volta lo vidi infiammarsi per qualcosa che non fosse la pista giusta per la soluzione di un caso.
-Perché lei non ha tenuto conto di me. Sapeva cosa provavo...cosa provo, per lei. Sapeva di avermi costretto a fare questo fin dal momento in cui ha infilato l'anello al dito di quella donna-, e indicò mia moglie che penzolava lugubre dal soffitto. -Perché non le è importato niente se sono rimasto solo, se lei mi ha lasciato solo per andarsene dalla mia vita.
Si chinò verso di me, rabbia e passione mescolati insieme nei suoi occhi scuri e liquidi.
-Perché io l'amo.
Subito dopo afferrò il mio viso e posò le sue labbra sulle mie.
Rimasi pietrificato, tutto il mio corpo si irrigidì. Non sapevo come reagire, non potevo capire perché agisse in quel modo.
Holmes che prova sentimenti? Mi sconvolse più di qualsiasi altra cosa.
Provai un senso oscuro di attrazione e insieme di repulsione; avrei voluto che mi spogliasse lì, dov'eravamo, e avrei anche voluto picchiarlo e poi fuggire. Fuggire via dal dolore, da Londra, da quell'orrore, da lui.
Current Location: The London In My Dreams.
Current Mood:
<3

1 comment | Leave a comment