Fandom: Free!
Personaggi: Rin/Haruka, Nagisa/Rei, Sousuke
Genere: fluff, romantico
Avvertimenti: pwp, future fic, gen
Parole: 723
Note: codesto è un sillabario, nella versione compitazione. È per la M3 della quinta settimana del COW-T, col prompt "estate".
"Dove sono i miei elastici?!" Rin sbotta, dopo aver frugato per cinque minuti buoni fra le sue cose in valigia. Haruka si volta a guardarlo, alzando un sopracciglio.
"E che ne so io? Sei sicuro di averli portati?" Risponde, seduto sul suo letto dell'hotel a Londra.
"Duh, ovvio. Me ne porto sempre dietro un bel po'," Rin dice, e poi tira un sospiro secco. "Ho bisogno dell'elastico, sennò mettere la cuffia diventa una rottura di palle."
Haruka nemmeno ci prova, a suggerirgli di tagliarsi i capelli. Quelli di Rin vanno benissimo così.
"Vai a comprarne un po'," suggerisce poi, alzando un sopracciglio. "E poi andiamo a nuotare."
Rin rotea gli occhi, con uno sbuffo.
"Che palle."
Dopo qualche minuto, mentre Rin è fuori, Haruka si alza dal letto - finalmente - e trova proprio una decina di elastici per capelli dov'era seduto.
"Oh," mormora, ricordando di essersi svegliato in vena di fare scherzi. Beh, almeno sono saltati fuori.
Nagisa stringe le dita attorno ad un girasole, con della meraviglia accesa sul viso e un rosa timido, felice sulle guance. Non aveva mai ricevuto fiori, ma alza lo sguardo con un gran sorriso, illuminando gli occhi di Rei, col sole che si lascia sostituire per la sua luce, pacato, dietro una nuvola.
È sempre stato piuttosto umile, Nagisa. Quando riemerge dalla superficie dell'acqua ansimando e guardando il tabellone per la prima volta, si limita a sorridere per la vittoria ma abbassa lo sguardo, prima di uscire dalla piscina. La gioia di Makoto e Rei si avvolge intorno a lui, e Haruka lo guarda sorridendo dentro, come sempre, per poi bisbigliare un "bravo, Nagisa. Siamo orgogliosi di te." Il suo piccolo cuore gioisce in un battito, quando una lacrima scende dal suo viso.
L'acqua non lo giudica. L'acqua non fa distinzioni. L'acqua avvolge protettiva tutto di lui, lo accolgono, lo lasciano entrare. L'acqua ha regole, ma rispettarle non è un problema per lui, lui non ha bisogno di sfidarla. L'acqua risuona nelle sue vene, l'acqua è l'origine, ed è un mondo che non ha bisogno di parole per farsi capire. L'acqua ne offre un po', della pace che cerca.
Tokyo si allarga sotto il suo sguardo, mentre stringe le dita attorno al lembo della propria maglietta e il suo stomaco sembra ribollire. Si volta, guardando Rin, e incontra un sorriso acuto - un bagliore di assoluta, irresistibile eccitazione. Eccolo lì, il Rin di una volta. Lo guarda, senza preoccuparsi degli altri passeggeri, e preme un bacio sulla sua guancia. Rin sbatte le palpebre, arrossendo completamente.
"Haru, che cazzo...? C'è gente qui."
"Non importa," Haru risponde, godendosi lo spettacolo di Rin che attraversa mille colori prima di fermarsi su un broncio rosso.
La bellezza di una persona è effimera. Non importa quanto bella e liscia, una pelle decaderà. Non importa quanto muscoloso, un corpo perderà forza e capacità di reggersi dritto in piedi. Non importa quanto elegante e aggraziato un tuffo, prima o poi diventerà grezzo e finirà in guizzi sgraziati. Non credeva di poter amare qualcuno, prima d'ora, dato tutto ciò. Non si può amare qualcosa di bello se poi la bellezza se ne va.
Ma quando guarda Nagisa, Rei non ci riesce, a non volerlo con sé per sempre, anche quando saranno entrambi vecchi e senza forze, pieni di rughe. Può solo immaginare che si terranno per mano anche quando la loro pelle si affloscerà. E, forse, anche allora Nagisa sarà la cosa più bella che abbia mai visto.
Nagisa ha ragione, quando dice che Haruka è come un gatto. Non solo va d'accordo con i felini che girano per il vicinato, ma di giorno, soprattutto d'estate, ama stendersi sotto il sole e oziare, spostandosi solo per seguirne la luce mentre il giorno scorre. Se non fosse per Makoto passerebbe tutto Agosto così, coperto da una ragionevole quantità di crema solare, a farsi scaldare nella quiete interrotte solo dalle armonie degli uccellini fra gli alberi.
Peccato che Nagisa sia sempre lì, steso assieme a lui, a fargli compagnia e rilassarsi assieme. Due impulsi contrari, come dice la fisica, spesso di annullano.
"Siete compagni d'ozio," Rei commenta, guardandoli entrambi, ed entrambi annuiscono mentre cercano la mano l'uno dell'altro. "Se il mondo finisse ora, non vi spostereste di un centimetro."
"Già," Haru concorda, nascondendo un sorriso divertito, mentre Nagisa ridacchia e rivolge un occhiolino a Rei.
Titolo: Quando il domani verrà
Fandom: Lo Chiamavano Jeeg Robot
Personaggi: Enzo/Alessia
Genere: malinconico
Avvertimenti: spoiler, missing moment
Parole: 659
Note: questa l'ho scritta un po' di tempo fa, stava fra le mie bozze, e quindi ho deciso che boh, tanto vale postarla XD la narrazione in italiano standard (più o meno) con le battute in pseudo-Romanesco (scusate Romani ;_;) era dovuta...
Comunque è per il COW-T anche questa, 5 settimana, M3, prompt "primavera".
Sta là in piedi in mezzo alle file tutte dritte di lapidi con in mano un mazzo di fiori un poco stracciato, Enzo. Sta là e fissa la pietra, quella dove ci sta il nome d'Alessia, e non sembrerebbe nemmeno che lei sia lì. Il posto è troppo silenzioso, cupo. A lui un po' gli si addice, o così avrebbe detto tempo fà.
Ma ci vorrebbe un vestito rosa da principessa a svolazzare fra le lapidi. Ci vorrebbero voci di bambini, persone che parlano e affanculo la sacralità imposta da chissà chi - ché i morti mica si fanno compagnia da soli.
E insomma sta lì, impalato come uno scemo e fissa il nome di Alessia, la data di nascita poi quella di morte fin troppo vicine per non mettere rabbia. Doveva essere lui a venir ammazzato e poi seppellito al cimitero comunale senza qualcuno che andasse al funerale, non lei. La poveretta ha voluto bene a un sacco di gente, e la gente invece l'ha lasciata che se ne andasse in silenzio, come se non contasse.
Invece al funerale dello Zingaro c'è andata un bel po' di gente, più per curiosità che altro - poi alcuni erano lì per farsi vedere, come gente di Buona Domenica di un decennio fa... ma intanto c'era, e qualcuno ne ha pure parlato al telegiornale. Per le vittime di una sparatoria come tante, troppe - per gente come lei - niente.
Stringe i fiori con rabbia, Enzo, e poi li guarda. Sono tutti colorati, viola e gialli e blu. A lui sembrano troppo appariscenti, però forse a lei piacerebbero. Si guarda attorno, prima di sbuffare e borbottare con lo sguardo basso.
"Ciao, Ale'," mormora, e si guarda di nuovo attorno come se si vergognasse di parlare ad una tomba. Lascia passare del silenzio, come se fosse riempito di una voce che lo chiama Hirò. "Te volevo di' che l'ho protetti tutti. So' diventato Jeeg come volevi te," aggiunge guardandosi le mani strette forte attorno ai fiori e lancia una occhiata di sottecchi al nome inciso, con un cenno imbarazzato del capo e l'angolo della bocca piegato come se le avesse fatto un favore controvoglia. Passa qualche momento in silenzio dondolando sui piedi, e subito il vento freddo si porta via anche l'espressione appena presa. In cambio lo investe con un odore di niente che sta bene col posto, ma non con il ricordo di lei - non se lo ricorda bene, il profumo di Alessia, ma la sua mente ha riempito i vuoti con un odore uguale a quello del suo yogurt, che è buono, che gli piace. Ci vorrebbe un profumo di vaniglia nel vento, ora, ma tutto quello che si può aspettare è odore di tabacco da parte di qualcuno a qualche tomba di distanza che guarda i morti come se fossero altro, come se sottoterra non dovessero finirci tutti, prima o dopo.
"Mi manchi," mormora di nuovo, piano piano, come se a qualcuno interessasse di sentirlo, come se fosse un segreto, e come se glielo stesse dicendo davvero. Dovrebbe già saperlo, se fosse viva, che gli manca. Allora dirlo forte sarebbe stato superfluo. È adesso che non lo può sentire che Enzo sente il bisogno di parlarle, come a rincorrerla. Invece smette di parlare per un pezzo, prende a spolverare la lapide rabbrividendo un po' per il freddo invernale che si aggrappa ancora alla primavera, e infine si piega a mollare i fiori davanti alla foto della ragazza sorridente. Sarà contenta di essersi portata dietro il suo vestito che le piaceva tanto.
Dondola un po' in piedi come se fosse imbarazzato, Enzo - si gratta i capelli cercando una cosa da dire, ma c'è troppo e non c'è un come che conosca. Comunque sicuramente lei sa già tutto. Ecco, è meglio metterla così.
Le lancia un altro sguardo, con una mano posata sulla pietra troppo fredda, ma tornerà a trovarla: sa che le piacerebbe, avere un po' di compagnia.