05 March 2020 @ 05:15 pm
 

Titolo: Il sole di notte

Fandom: Free!

Personaggi: Rei/Nagisa

Genere: romantico

Avvertimenti: future fic, h/c

Parole: 1325

Note: COW-T10, quarta settimana, m2 “Giappone” (come setting e anche riferita all’immagine). Nnnn questi due ;_; morirò shippandoli e struggendomi, ho capito.

E non cambierà mai nemmeno la mia incapacità patologica di trovare titoli decenti, questa è una promessa. 



Non se ne accorge subito, non con le luci e gli scoppi che mandano i suoi sensi in confusione, ma appena sente la mano di Nagisa duellare contro le sue dita guarda in basso, dove c’è la sua di mano, e vede le sue dita che piano piano si sganciano dalla loro presa intorno al vuoto, e poi segue la mano, il braccio, la spalla alla quale le dita sono collegate. E poi incontra gli occhi che ha imparato a interpretare con così tanta fatica, durante questi tre anni. 

I fuochi hanno appena cominciato a colorare il cielo di luce, e Nagisa lo guarda con un sorriso mentre lo costringe a prendergli la mano, così come l’ha costretto a fare così tante cose che poi si è reso conto di gradire. Cose che qualche volta l’hanno messo su una rotta che l’ha portato a sorridere così spesso, rispetto a prima. 

Prima che un ragazzino sconosciuto gli arrivasse davanti e gli dicesse nel modo più innocente possibile che era bellissimo. Prima che quel ragazzino si insinuasse fra le crepe del muro che si era costruito attorno, accoccolandosi accanto ad un cuore che aveva messo fra barriere di ghiaccio. Prima che la sua presenza diventasse così ingombrante da costringere il suo cuore ad allargarsi per accogliere più di uno, poi più di due, finché nel suo cuore non ha trovato un posto per ognuno dei suoi amici, e altri ancora.  

Rei sorride - la mano di Nagisa è calda, come i suoi abbracci e come i suoi sorrisi. Se potesse rimpicciolirlo e metterselo in tasca, sarebbe sicuro di avere un piccolo sole con sé. O almeno, così avrebbe pensato prima di vedere quel sole diventare buio, affrontare momenti di eclissi totale, prima di vederlo piangere e arrabbiarsi, prima di rendersi conto di aver trovato un sole dispettoso, lunatico, eclettico. 

Così avrebbe pensato, prima di quel litigio grosso, durato fino a questo momento, per qualcosa di molto più grande di entrambi. 

“Rei-chan,” dice Nagisa, avvicinandosi a lui, ed è in quel momento che Rei scorge i suoi occhi lucidi. “Non voglio che tu vada via arrabbiato con me. Facciamo pace?” 

L’ultima volta che hanno parlato (litigato) Nagisa gli ha detto di andarsene e non parlargli più. Rei sapeva che non intendeva dirlo, certo. Però a sentire questo, adesso, sente una roccia massiccia sollevarsi dal suo petto. 

Prendere l’aereo per Tokyo prima di sistemare le cose sarebbe stato un peccato, e avrebbe avuto troppi dubbi sullo stato della loro relazione. Certo, potrebbero chiarire tutto in qualche altro modo, ma finire il liceo in questo modo avrebbe solo reso il saluto a Iwatobi amaro. 

“Va bene,” risponde, aprendosi a riflettere il sorriso che gli viene rivolto, e Nagisa saltella sulla punta dei piedi stringendo la sua mano. Apre la bocca per parlare, e poi guarda il cielo, irritato per il rumore, quindi si morde il labbro e poi si mette di nuovo in punta di piedi parlando nell’orecchio di Rei.

“Vieni con me.”

Rei si acciglia, incuriosito e sopreso - Nagisa non si perderebbe mai i fuochi d’artificio - ma lo segue comunque, districandosi dalla folla di studenti che ha assiepato il cortile della scuola, lo segue per un pezzo in silenzio prima di arrivare alla scalinata del boschetto appena fuori dal quartiere, quella che porta al santuario, con gli alberi che si innalzano ai lati e le edere che colorano di verde la salita. Rei interroga Nagisa con lo sguardo, ma l’altro non lo sta guardando più. Guarda le loro mani collegate assieme, e sospira. 

“Non voglio vederti andare via,” dice, a bassa voce, e Rei apre la bocca per rispondere come ha già fatto altre volte, ma Nagisa riprende a parlare, “però non posso fermarti. Cioè, non voglio fermarti.”

Rei piega la testa di lato, con l’impressione che Nagisa stia gattonando fuori dallo spazio nel suo petto, discretamente. E forse è giusto così, ma ci si era abituato, ormai, alla presenza di quel sole accoccolato accanto al suo cuore. 

“Okay,” risponde, incerto. 

“Però,” Nagisa riprende, “non vuol dire che non potremo vederci, no?” 

E finalmente alza lo sguardo. “Potrei venire a Tokyo nei weekend, e poi - e poi c’è internet!”

Rei continua a fissarlo, alzando un sopracciglio. 

“Non posso pensare di non averti qui tutto il tempo, Rei-chan” gli aveva detto, la prima volta che ne avevano discusso, “ho bisogno di averti qui vicino a me, di toccarti, di poter uscire con te. Non ce la farò.”

“È quello che ti ho detto io,” risponde, e piega le labbra in un sorriso anche lui. 

“Lo so,” rimbecca Nagisa, lanciandogli una occhiata scocciata, ma poi torna a guardare in basso alle loro mani. “Lo so, è solo che sarà difficile,” continua, e Rei capta una piccola vibrazione nella sua voce. Oh no, oh no, sta diventando triste. Non può vederlo triste di nuovo, non stasera. Stasera dovrebbero solo festeggiare la fine dell’anno scolastico e il loro diploma.” 

“Nagisa,” dice, e lo guarda mentre solleva lo sguardo. “Non sarà facile neanche per me. Come farò a svegliarmi e andare a lezione sapendo che non ci sarai? Come farò a tornare a casa in treno senza sentirti russare?”

Nagisa sembra aver pensato le stesse cose, perché li vede, i lacrimoni, riempigli gli occhi. 

“Quindi non sei l’unico,” riprende Rei, con gli occhi che, ora Nagisa lo nota, hanno preso una luce triste. O forse è solo la penombra. “Però il mondo è così piccolo, Nagisa, e Tokyo è vicina, relativamente parlando. Se avrai bisogno di me basterà solo comprare un biglietto. No?” 

“Spenderei tutti i miei soldi,” Nagisa risponde, “perché avrei bisogno di vederti tutti i giorni. Però,” continua, asciugandosi un paio di lacrime, “però va bene così. Cercherò di non disturbarti troppo.”

Rei alza gli occhi al cielo, captando benissimo la punta di irritazione nella sua voce. Il suo sole ha deciso di essere testardo anche stasera. Però lo guarda di nuovo e afferra il suo viso per premere le labbra sulle sue, accarezzandogli i capelli. È l’arma migliore che ha. E così come lo sguardo da cucciolo abbattuto è l’arma migliore di Nagisa (e lo sa, il bastardo), i baci sono l’arma migliore di Rei. Lo sente sciogliersi e rilassarsi subito sotto le sue dita, e quando poggia una mano lieve sul suo collo accarezzandolo col pollice sa di aver vinto dal modo in cui Nagisa lo guarda. Ha così tanto calore, dentro, e di solito non ci vuole molto a tirarlo fuori. Anzi, spesso lo offre da solo. Questa sera l’ha dovuto trascinare all’aperto perché splendesse, però alla fine lo guarda mentre si rassicura da solo, e poi lo sente stringere le sue braccia attorno. E sembra non volerlo lasciare più. 

Però finalmente la presa si ammorbidisce, e Rei sussurra, “va tutto bene?” 

Non sa se sia una bugia detta a fin di bene o no, ma Nagisa lo guarda e annuisce con un sorriso appena accennato. 

“Va bene.”

“Vuoi ancora rompere con me?” Rei continua, e stavolta è lui a prendergli la mano. 

Nagisa guarda in basso, e finalmente scuote la testa. 

Pensa di capire, Rei, quanto difficile sia la distanza per uno come Nagisa, che ha sempre bisogno di abbracciarlo, averlo fisicamente accanto, tenergli la mano, dormirgli addosso, sapere che è lì. Sa anche il perché. Per questo è stato complicato dirgli che si sarebbe trasferito a Tokyo per i prossimi anni mentre Nagisa avrebbe iniziato a studiare a Tottori. La distanza. E non gli direbbe mai qualcosa come ‘è un test, ne usciremo più forti’ o qualche cazzata del genere. 

Sa che farà male, a tutti e due ma soprattutto a Nagisa. 

Per questo stasera lo riempirà di tutto quello che vuole - baci, coccole, abbracci, la notte sotto le lenzuola se la vorrà. Ma per ora lo porta su per la scalinata, lo porta al terrazzo del santuario, e avvolge un braccio attorno alle sue spalle mentre guardano le ultime luci nel cielo. 


 
 
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