31 July 2011 @ 10:17 pm
Titolo: I've Just Seen A Face
Fandom: Glee
Pairing: Kurt /Dave
Genere: Fluff
Avvertimenti: AU, slightly OOC
Conteggio Parole: 853
Note: Per il prompt "Compleanno" della tabellina Amore del [livejournal.com profile] kurtofsky_ita 


Se solo non odiasse gli alberi. Gli alberi e la paura di cadere. Perché una volta ci ha provato, si è arrampicato su un grosso sicomoro in un parco ed ha quasi rischiato di cadere, perché aveva messo le scarpe sbagliate, perché aveva fretta di scendere e perché Kurt lo stava chiamando. Quindi ora rimane a fissare il cielo fra le foglie di un verde vivo, accecato dai raggi del sole, mentre la figuretta in controluce dell'amico si muove appena fra i rami, con una mano tesa verso di lui.
«Vieni, David!» Esclama, con una breve e sommessa risata. A Dave non piace essere preso in giro, non gli piace fare la figura del debole. Ma ha paura, e la sua mente fresca già dipinge i possibili scenari: dolore, dolore e ancora dolore. E David ha paura del dolore in tutti i sensi, ma d'altra parte si dice che se non sale su quel maledetto albero, se non dimostra a Kurt di non essere un coniglio, lo prenderà in giro per la vita. E non vuole, perché Kurt è speciale, è il suo unico amico, e non vuole che per un momento di codardia si stacchi da lui, lasciandolo solo.
Afferra un ramo, testandone la robustezza, prima di aggrapparsi all'altro con la mano libera ed iniziare a spingere con le gambe, energicamente, sbuffando e guardando Kurt che invece, più sottile ed agile di lui, lo sorveglia dall'alto, incitandolo con qualche parola di incoraggiamento. E Dave vorrebbe sentirsi grande, non averne bisogno, salire su un maledetto albero senza morire di paura, ma è la voce di Kurt a distrarlo dal resto, come se lo stesse aiutando fisicamente. Ha paura, ha tantissima paura ma non lo può mostrare, non vuole sentirsi una ragazzina anche se i palmi delle mani fanno male e vorrebbe tanto lasciar perdere. Ma l'amico gli ha detto che lì sopra lo aspetta una sorpresa, il suo personalissimo regalo per i dodici anni. E David era un po' emozionato all'idea, tanto che aveva annuito energicamente all'idea, fantasticando su chissà quale gioco bellissimo, o su chissà quale oggetto fatto con le sue mani.
Kurt rimane lì ad osservare, con l'ingenuità e la fiducia dei bambini, perché ha sempre ammirato Dave ed ha sempre creduto che fosse abbastanza forte da poter fare qualsiasi cosa, come quando alle elementari aveva sgominato un gruppetto di bambini che minacciavano Kurt. Gli avevano dato del finocchio, probabilmente senza nemmeno sapere che significasse, ma lui sì che lo sapeva. Era una brutta parola, perché una volta il papà l'aveva usata riferita a lui quando credeva che stesse dormendo, e la mamma gli aveva dato uno schiaffo che era risuonato anche attraverso il muro dell'altra stanza - dopo, nessuna protesta. E quella volta aveva capito che quei bambini volevano ferire Kurt, e non ci aveva pensato due volte prima di aggredirli con la goffaggine della sua età, azione che poi si era rivelata efficacissima. Da allora Kurt lo aveva notato, ed aveva deciso che sarebbero diventati amici "o qualcosa di più" come ripeteva a volte quando l'aria fra loro era leggera e scherzosa.
Ma Dave ora non sta pensando a questo: sta pensando che se cade si farà davvero male, e teme per la propria testa. Quasi gli fischiano le orecchie, e con uno sguardo a Kurt scuote la testa silenziosamente, tornando lentamente coi piedi per terra.
«Ho p... Ho paura Kurt, io non voglio salire» Dice, per poi guardare in basso ed allontanarsi timidamente, come se si vergognasse di un'azione illegale.
Kurt sbatte le lunghe ciglia, prima di sbuffare piano e scendere come una scimmietta - è così che Dave lo chiama quando vuole farlo arrabbiare - e atterra non senza cadere col sedere sul terriccio, rialzandosi e piegando subito dopo la testa, fissandolo dal fondo di quegli occhi chiarissimi.
«Di cos'hai paura?» Chiede, un po' irritato.
«Di cadere» Risponde l'altro arrossendo violentemente quando abbassa lo sguardo, desiderando di scappare. Ma almeno quello se lo risparmia, è già stato troppo codardo e sicuramente Kurt fra mezz'ora starà ridendo di lui. Il ragazzo, invece, poggia una mano delicata e chiara sul suo braccio, sorridendo leggermente ed assumendo l'aria da statuina che gli serve sempre a scampare dai guai. Ma questa volta è gentilezza, ed il più piccolo scuote le spalle, esageratamente, giusto perché gli piace fare tutto in modo plateale.
«Ah, beh, non importa... Però io volevo dartelo lì sopra, il mio regalo.»
«Ma non puoi darmelo qui?»
Kurt sembra pensarci, abbassando gli occhi sulle scarpe da ginnastica consunte dalle corse e dall'arrampicarsi non solo sugli alberi ma circa su qualunque cosa.
«Va bene» Dice, alzando di nuovo lo sguardo e mordendosi un labbro nel dubbio. «Però» Aggiunge, «Devi promettermi che starai fermo. Chiudi gli occhi» Ordina, e sebbene Dave sia molto più grosso non sarebbe la prima volta che fa qualcosa che Kurt gli ha detto di fare. Così li chiude lentamente, aggrottando le sopracciglia nei raggi del sole che ancora infastidiscono le palpebre.
David Karofsky sa che quel tocco umido ed impacciato sulle labbra, dato il modo in cui il suo cuore ha preso a formicolare, è solo la prima frase di una storia più grande.
È stato, più che altro, una scoperta.
 
 
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