Titolo: Awakening
Fandom: Originale
Personaggi: Duca
Genere: introspettivo, suspance, fantasy
Parole: 720
Note: Allora, metto le mani avanti su una cosa. Ho creato il personaggio di Duca (che si chiamava prima Suka e poi Yuri, ma entrambi i nomi non vanno bene perché beh, il primo è ridicolo, il secondo, scoprii anni dopo, significa femslash "XD) e quello di Felis quando avevo dieci anni (quando avevo la fissa per anime/manga e per il fantasy ;____; <3), da uno schizzo su carta fatto a scuola. È un concept che mi è sempre rimasto dentro, la storia che avevo in mente era vastissima e purtroppo non penso che la approfondirò mai, anche se la amo come me stessa (da qualche parte ho pile e pile di disegni di Duca, di Felis, dell'asta, persino mappe del villaggio, lfkjdgjdfjlgtirgj) ;_; comunque il mio mettere le mani avanti è perché con gli anni Licia Troisi ha creato Nihal, e George R. R. Martin (suppongo, non ho letto i libri ma ho visto il tf) ha creato Arya, che sono personaggi identici o simili a questo. Però ecco, ci avevo pensato molto prima di venire a conoscenza delle loro opere. Quindi il "plagio" è assolutamente non intenzionale. Posto questo, la fic partecipa alla seconda edizione del Clash of the Writing Titans di
maridichallenge, per la prima missione della prima settimana, con prompt "guerra".
Il ruolo di guardia del villaggio non le si addiceva. Tutto quello che c'era da fare era scrutare l'immensa boscaglia scura a una decina di miglia dai rudimentali pilastri del villaggio, a scopi svariati come controllare che non arrivassero forestieri dal Continente (ed in caso arrivassero, correre immediatamente a chiedere chi fossero ed in caso aiutarli). Oppure assicurarsi che non si tentassero imboscate, anche se alla luce del giorno è difficile che qualche presunto gruppo di malintenzionati voglia aggredire un villaggio intero, per di più alla luce del giorno. Ma suo padre era stato ferreo: se voleva iniziare qualche tipo di carriera militare, doveva per forza di cose sbrigare anche i compiti più noiosi. Imparare a portare pazienza, a rimanere in piedi per ore senza spostarsi, ad aguzzare la vista. 'Ti sarà utile', le aveva detto, ma Duca, una semplice ragazzina sedicenne, ancora non lo poteva capire.
Verso il tardo pomeriggio, quando i piedi iniziavano a farle davvero male, si aggrappava con forza alla sua asta, che avrebbe dovuto compiere incantesimi o qualcosa del genere ma che ancora non dava segni di contenere forza magica, ed alzava un piede. E poi l'altro.
Al momento, però, il Sole era appena sorto e nonostante gli occhi facessero male per il brusco risveglio - mai una volta che Felis la svegliasse con un minimo di garbo, quel maledetto - si sforzava di tenerli ben fissi sull'orizzonte, con una sorta di stretta preoccupata al piccolo cuore.
Non sapeva nulla dei rapporti che collegavano il villaggio - trentamila anime - agli altri che costellavano la grande Pianura, ma aveva sentito dire che pian piano si stavano sfaldando, come una vecchia tunica di lana distrutta da mille lavaggi. E lei di tuniche lavate se ne intendeva.
Suo padre, il capo-villaggio, le aveva raccomandato di fare intenzione. 'Potresti salvare delle vite', le aveva detto, 'il tuo compito è importante'.
Respirò il vento freddo ed aggressivo del mattino, osservando il cielo sfumare delicatamente in un arancio dapprima pallido e poi sempre più intenso, ascoltando il fruscio dell'erba secca ed i primi trambusti provenienti dalle case dove gli abitanti si preparavano per il lavoro. Da qualche parte, qualcuno cucinava salsicce, Duca sentì la bocca umida per l'appetito. Le piaceva il sorgere del Sole, per quella sensazione di quiete e di energia che sembrava fluire dal terreno, su per i piedi, fino a farle formicolare le mani.
Rabbrividì, contando le ore che mancavano al pranzo, per poi sospirare. Quei momenti di benessere duravano sempre meno, perché ogni mattina era sempre più evidente che non sarebbe successo nulla né al mondo né tanto meno al villaggio. Figurarsi, in una terra dove tutti erano contadini ed ognuno badava ai fatti propri. Che lei sapesse, l'ultima guerra in quel territorio era stata combattuta due secoli prima, e da allora non c'era stata nemmeno una battaglia. Nemmeno una piccolina. E lei era nata lì. Lei che fin da quando aveva quattro anni si era innamorata dei soldati, delle loro corazze, delle lame delle spade, dei canti che risuonavano dalla Caserma. Però era una femmina, e guai che alle femmine potesse saltare in testa l'idea di combattere. Le femmine dovevano lavorare in casa, rimanere incinte a sedici anni, crescere dei bambini e morire di vecchiaia. A Duca questa idea faceva salire il terrore dal cuore. Le toglieva il respiro, le faceva provare la sensazione di star sbagliando qualcosa. Nella fattispecie, di star sbagliando da quando era nata.
Lei voleva far volteggiare quelle lame, voleva graffiare come i gatti, voleva arrampicarsi da un albero all'altro e imparare a tirare con l'arco. Voleva partecipare alle battute di caccia, fare l'amore con Felis - lui però non lo sapeva e per quanto la riguardava non l'avrebbe mai e poi mai saputo - e cantare quelle canzoni gutturali e piene di fierezza.
Ma per ora, doveva solo tenere gli occhi puntati sul bosco, tenendo dritta la propria asta che era lunga 'una Duca e mezza', come aveva detto Felis, scherzando.
Era proprio sull'erba tinta di rosso, come una premonizione, che vide lo scintillio opaco e metallico di armature pesanti sull'orizzonte. Il cuore prese a battere forte, pompare adrenalina in tutto il suo corpo. Le tempie presero a pulsare, i piedi formicolavano. Si concedette un largo sorriso che attraversava il viso, per l'eccitazione, prima di lasciar cadere l'asta e correre a piedi nudi sulla strada principale, diretta alla Caserma.
Finalmente.
Fandom: Originale
Personaggi: Duca
Genere: introspettivo, suspance, fantasy
Parole: 720
Note: Allora, metto le mani avanti su una cosa. Ho creato il personaggio di Duca (che si chiamava prima Suka e poi Yuri, ma entrambi i nomi non vanno bene perché beh, il primo è ridicolo, il secondo, scoprii anni dopo, significa femslash "XD) e quello di Felis quando avevo dieci anni (quando avevo la fissa per anime/manga e per il fantasy ;____; <3), da uno schizzo su carta fatto a scuola. È un concept che mi è sempre rimasto dentro, la storia che avevo in mente era vastissima e purtroppo non penso che la approfondirò mai, anche se la amo come me stessa (da qualche parte ho pile e pile di disegni di Duca, di Felis, dell'asta, persino mappe del villaggio, lfkjdgjdfjlgtirgj) ;_; comunque il mio mettere le mani avanti è perché con gli anni Licia Troisi ha creato Nihal, e George R. R. Martin (suppongo, non ho letto i libri ma ho visto il tf) ha creato Arya, che sono personaggi identici o simili a questo. Però ecco, ci avevo pensato molto prima di venire a conoscenza delle loro opere. Quindi il "plagio" è assolutamente non intenzionale. Posto questo, la fic partecipa alla seconda edizione del Clash of the Writing Titans di
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Il ruolo di guardia del villaggio non le si addiceva. Tutto quello che c'era da fare era scrutare l'immensa boscaglia scura a una decina di miglia dai rudimentali pilastri del villaggio, a scopi svariati come controllare che non arrivassero forestieri dal Continente (ed in caso arrivassero, correre immediatamente a chiedere chi fossero ed in caso aiutarli). Oppure assicurarsi che non si tentassero imboscate, anche se alla luce del giorno è difficile che qualche presunto gruppo di malintenzionati voglia aggredire un villaggio intero, per di più alla luce del giorno. Ma suo padre era stato ferreo: se voleva iniziare qualche tipo di carriera militare, doveva per forza di cose sbrigare anche i compiti più noiosi. Imparare a portare pazienza, a rimanere in piedi per ore senza spostarsi, ad aguzzare la vista. 'Ti sarà utile', le aveva detto, ma Duca, una semplice ragazzina sedicenne, ancora non lo poteva capire.
Verso il tardo pomeriggio, quando i piedi iniziavano a farle davvero male, si aggrappava con forza alla sua asta, che avrebbe dovuto compiere incantesimi o qualcosa del genere ma che ancora non dava segni di contenere forza magica, ed alzava un piede. E poi l'altro.
Al momento, però, il Sole era appena sorto e nonostante gli occhi facessero male per il brusco risveglio - mai una volta che Felis la svegliasse con un minimo di garbo, quel maledetto - si sforzava di tenerli ben fissi sull'orizzonte, con una sorta di stretta preoccupata al piccolo cuore.
Non sapeva nulla dei rapporti che collegavano il villaggio - trentamila anime - agli altri che costellavano la grande Pianura, ma aveva sentito dire che pian piano si stavano sfaldando, come una vecchia tunica di lana distrutta da mille lavaggi. E lei di tuniche lavate se ne intendeva.
Suo padre, il capo-villaggio, le aveva raccomandato di fare intenzione. 'Potresti salvare delle vite', le aveva detto, 'il tuo compito è importante'.
Respirò il vento freddo ed aggressivo del mattino, osservando il cielo sfumare delicatamente in un arancio dapprima pallido e poi sempre più intenso, ascoltando il fruscio dell'erba secca ed i primi trambusti provenienti dalle case dove gli abitanti si preparavano per il lavoro. Da qualche parte, qualcuno cucinava salsicce, Duca sentì la bocca umida per l'appetito. Le piaceva il sorgere del Sole, per quella sensazione di quiete e di energia che sembrava fluire dal terreno, su per i piedi, fino a farle formicolare le mani.
Rabbrividì, contando le ore che mancavano al pranzo, per poi sospirare. Quei momenti di benessere duravano sempre meno, perché ogni mattina era sempre più evidente che non sarebbe successo nulla né al mondo né tanto meno al villaggio. Figurarsi, in una terra dove tutti erano contadini ed ognuno badava ai fatti propri. Che lei sapesse, l'ultima guerra in quel territorio era stata combattuta due secoli prima, e da allora non c'era stata nemmeno una battaglia. Nemmeno una piccolina. E lei era nata lì. Lei che fin da quando aveva quattro anni si era innamorata dei soldati, delle loro corazze, delle lame delle spade, dei canti che risuonavano dalla Caserma. Però era una femmina, e guai che alle femmine potesse saltare in testa l'idea di combattere. Le femmine dovevano lavorare in casa, rimanere incinte a sedici anni, crescere dei bambini e morire di vecchiaia. A Duca questa idea faceva salire il terrore dal cuore. Le toglieva il respiro, le faceva provare la sensazione di star sbagliando qualcosa. Nella fattispecie, di star sbagliando da quando era nata.
Lei voleva far volteggiare quelle lame, voleva graffiare come i gatti, voleva arrampicarsi da un albero all'altro e imparare a tirare con l'arco. Voleva partecipare alle battute di caccia, fare l'amore con Felis - lui però non lo sapeva e per quanto la riguardava non l'avrebbe mai e poi mai saputo - e cantare quelle canzoni gutturali e piene di fierezza.
Ma per ora, doveva solo tenere gli occhi puntati sul bosco, tenendo dritta la propria asta che era lunga 'una Duca e mezza', come aveva detto Felis, scherzando.
Era proprio sull'erba tinta di rosso, come una premonizione, che vide lo scintillio opaco e metallico di armature pesanti sull'orizzonte. Il cuore prese a battere forte, pompare adrenalina in tutto il suo corpo. Le tempie presero a pulsare, i piedi formicolavano. Si concedette un largo sorriso che attraversava il viso, per l'eccitazione, prima di lasciar cadere l'asta e correre a piedi nudi sulla strada principale, diretta alla Caserma.
Finalmente.
10 comments | Leave a comment