Pairing: nessuno
rating: verde (per ora)
disclaimer: no, non sono miei, e se lo fossero starei qui a scrivere, comunque?? Bahhh ù.ù
Capitolo 1
Liverpool d’inverno era splendida ed assumeva un fascino particolare, con tutta quella neve, il cielo azzurro-grigio e le strade accompagnate da pini e cipressi imbiancati sui lati. Un piccolo gioiello, ma per Claire era la solita, vecchia, noiosa routine. Alzarsi la mattina alle sei per andare a lavorare in fabbrica con la mamma fin da quando aveva quindici anni ormai era uno strazio. Aveva tanta voglia di prendere una svolta, magari in modo inaspettato, ma non voleva rimanere prigioniera di quel posto. L’unica cosa che le permetteva di affrontare la vita con un sorriso era la musica, quella che ascoltava distrattamente facendo colazione o nelle pause di lavoro, quando il vecchio Jack accendeva la radio e passavano canzoni contemporanee o vecchi pezzi jazz. Le piaceva tutta la musica, e le piaceva tanto cantare.
La sirena che anche quel giorno decretava la fine della giornata lavorativa suonò in anticipo, e Claire sorrise levandosi di dosso quella tuta pesante. E anche quel giorno era andata. Come al solito salutò tutti e si affrettò fuori accolta dal gelido vialetto suburbano, senza aspettare la madre o qualcun altro. Aveva fretta di preparare la cena, moriva di fame.
Camminava frettolosamente lungo il viale alberato, tremando di freddo, avvolta nel cappotto di cotone che nonostante tutto era quasi inutile, i brividi continuavano ad elettrizzarle la spina dorsale. D’un tratto avvertì un rimestamento nello stomaco, un senso di angoscia o di pericolo. Tese le orecchie e sentì dei passi furtivi dietro di lei. Deglutendo impaurita accelerò il passo stringendosi di più nel cappotto, e si maledì per aver voluto uscire prima da lavoro. Se avesse aspettato cinque minuti l’avrebbe accompagnata il vecchio Jack!
Sentì uno spiffero caldo sulla nuca, e poco prima di girarsi sentì uno strattone al braccio. Cominciò a strillare, ma una mano inguantata le tappò la bocca. Subito dopo fu spinta di malo modo contro un muro solido in mattoni, sentendo la testa girare per il dolore. L’altra mano dell’aggressore tirò la borsa.
-Mmmmh-, protestò lei cercando di divincolarsi, ma il ladro era forte e massiccio. Se fosse stato un altro giorno gli avrebbe lasciato la borsetta, ma quella volta non poteva, non doveva. Dentro c’era l’anello di mamma. Non poteva perderlo, era l’unico ricordo che le restava.
Alla fine il ladro si stancò e sbrigativamente tirò fuori dal giaccone un lungo coltello, e lo infilò con violenza in un punto a caso nel ventre della ragazza, che singhiozzò senza fiato e si afflosciò.
La vista le si offuscava ad intervalli, il dolore era una marea nel cervello come il sangue che stava perdendo abbondantemente. Non si accorse di quello che succedeva, ma vide per qualche minuto tante macchie grige che danzavano, urla e voci confuse, poi un mormorio indistinto e si sentì sollevare. A quel punto le macchie si fecero a puntini neri, e poi niente.