Fandom: RDJude
Genere: meh non voglio neanche etichettarla stammerda, ma penso sci-fi? Comunque no, non leggetela, fatemi il favore. ;_;
Parole: 2276
Avvertimenti: future!AU
Note: scritta per la missione di squadra della quarta settimana del COW-T, e per la iniziativa di San Valentino dell'
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5 Gennaio 2111
La decisione di registrare gli avvenimenti di questo nostro storico tentativo di sopravvivere l'ho presa solo un'ora fa, mentre per tutta la nave risuonava la voce del Generale Carnival che raccomandava alle truppe di prepararsi all'atterraggio su HAB-135. In realtà l'ho fatto soprattutto perché Robert è nell'esercito e sarà fra le prime truppe a scendere a terra, mentre io dovrò rimanere nella nave per curare i feriti, e non so come riuscirò ad avere a che fare con l'ansia sul lavoro, quindi ho deciso di scrivere. Ma ora che lui è andato ad unirsi agli altri soldati mi ritrovo seduto qui, senza sapere cosa scrivere, eppure la necessità di farlo mi impone di trovare qualcosa da dire. La mia testa è piena di pensieri e preoccupazioni, non solo riguardanti Robert, il mio fidanzato, ma anche per quanto riguarda questo pianeta. Riusciremo a vincere? So che ho votato per l'aspettare fino a trovare un altro pianeta vivibile per noi, proprio perché non c'è nessuna sicurezza che riusciremo a conquistare tutto HAB-135. E se questa civiltà fosse molto, molto più avanzata della nostra? Non possiamo saperlo, non abbiamo avuto modo di osservare gli abitanti, ci siamo semplicemente catapultati a bombardare le città. Ma soprattutto abbiamo deciso di attaccare prima di tentare un dialogo, e gli Americani e i Cinesi hanno spinto soprattutto in questo senso. Strano che Oriente e USA vadano d'accordo, eh? Durante la guerra in Tibet si pensava che Oriente e Occidente si fossero divisi di nuovo, ma questa stupida idea di invadere un altro pianeta ha trovato appoggio soprattutto nelle due maggiori potenze. Il che dice molto su quanto l'umanità si sia evoluta in un secolo…
Dio, le sirene. Le sirene hanno un suono angosciante e fortissimo, non so se la cosa sia voluta ma ogni volta che le sento mi viene da urlare per cercare di coprire il suono. Le sirene annunciano i pasti, quindi ho passato cinque anni con l'emicrania, in sostanza. Ma questa volta sono molto più angosciato del solito, perché questo sarà l'ultimo pranzo da terrestri, poi diventeremo un popolo clandestino, colpevole di essere rimasto senza una casa, un popolo da odiare. Comunque non ho fame, quindi penso che rimarrò qui a scrivere, lo trovo effettivamente un sollievo. Non so niente dei piani dell'esercito e stupidamente non mi sono nemmeno informato, ma penso mi si possa capire. L'uomo di cui mi sono innamorato sarà fuori a combattere e lì non potrò proteggerlo.
Comunque, penso che un diario vada sempre iniziato con una presentazione (ma chi mi leggerà?), quindi: mi chiamo Jude, vengo dal Regno Unito, ho 30 anni. Non sono neanche riuscito a finire di studiare prima che tutto questo iniziasse, e adesso che ho un incarico sono insicuro delle mie capacità soprattutto a livello pratico. Ho lavorato come infermiere per un anno, ma mi sento ancora poco esperto. E se mi capitasse un soldato in fin di vita? Riuscirei ad aiutarlo? Di solito riesco a mantenere la calma, ma non mi sono mai trovato in situazioni di pressione estrema. Robert, al contrario, ha alle spalle una storia di dipendenza che ha combattuto mentre veniva addestrato, e ne è uscito con estrema difficoltà. A volte ho paura che non l'abbia mai sconfitta, soprattutto per quanto riguarda l'alcool. Ci siamo conosciuti durante il viaggio e nonostante le apparenti distanze insormontabili ci siamo messi a parlare ed ho scoperto che mi assomiglia sotto molti aspetti, e che è una persona eccezionale. È anche molto infantile, a volte, ma ho l'impressione che il combattimento distruggerà il bambino che a volte vedo dentro di lui. Sono otto anni più giovane, ma a volte il suo entusiasmo è come quello di un seienne… E se tornasse completamente cambiato? Suppongo che vederlo tornare sarebbe già un miracolo. Sono troppo abituato a svegliarmi con lui e passare tutto il mio tempo libero con lui ed i suoi amici. Potrei vedere la cosa da due punti di vista opposti, e non riesco a scegliere di essere ottimista: ci sono troppe cose in ballo, e le sto affidando tutte ad un esercito di cui non mi fido.
Sto guardando fuori, e non c'è il Sole. Da qui, il paesaggio ha un aspetto davvero bizzarro eppure, superando gli istintivi paragoni con la Terra, davvero bellissimo. I colori sono diversi da qualsiasi tipo di ambiente terrestre, il terreno è indescrivibile perché effettivamente non ho aggettivi per farlo, persino la luce ha delle qualità insolite per me. Provo paura nei confronti di questo posto così diverso, ma dopo cinque anni di viaggio persino la Terra sembra aver perso familiarità per me. Siamo intrappolati in un limbo in cui si respira instabilità. Dietro abbiamo un pianeta rovinato e ormai invivibile, davanti abbiamo un futuro incerto sotto tutti i punti di vista. Perché, anche se vinceremo, quanti di noi saranno rimasti? Riusciremo ad adattarci o l'ambiente avrà la meglio su di noi?
Suppongo che per rispondere a queste domande dovrò aspettare e vivere abbastanza a lungo per conoscere la risposta.
10 Gennaio 2111
Robert mi ha appena chiamato per la prima volta da quando siamo sbarcati, e la situazione sembra volgere a nostro vantaggio. Lo scrivo senza entusiasmo, perché solo un dittatore assetato di sangue non si fermerebbe a chiedersi se quello che sta facendo sia giusto. Il Generale mi pare rientrare nella categoria, anche se il suo ruolo ha rilievo solo dal punto di vista militare. Immagino però, visto che tutti noi dipendiamo dai risultati di questa guerra, che indirettamente lui sia davvero rilevante per le vite di tutti. Non mi fido neanche di lui, soprattutto perché non si sa quasi niente del suo background. Ma comunque non ho tanto tempo di preoccuparmi, i soldati feriti hanno cominciato a presentarsi quasi subito, anche se al momento non c'è stato nessun caso particolare da registrare. I morti vengono lasciati al suolo, a quanto sappia, e ogni giorno controllo che nella lista dei feriti o dei deceduti non appaia il suo nome. Non riesco a mangiare e dormire con regolarità, con la preoccupazione che in qualsiasi momento potrebbe succedere qualcosa di grave.
Ma è meglio non pensarci.
Prima di andare, Robert mi ha detto di fidarsi delle sue doti fisiche, e se da un lato posso scherzare e dire che la prodezza non gli manca, dall'altro non riesco a stare tranquillo. Non dipende da lui, dopotutto, ma dipende da infinite probabilità. Ci sono troppi scenari futuri in cui lui potrebbe morire, o forse lo stanno colpendo proprio ora, e se chiudo gli occhi riesco a immaginarmi le peggiori scene dove lui è protagonista, ma non in senso positivo. Non mi piace torturarmi e so che stanotte finirò per fare qualsiasi cosa tranne dormire, peggiorando quindi il mio lavoro domani. L'unica buona notizia è che sto mangiando più regolarmente, soprattutto per senso del dovere. Se non mi nutro in modo sano sarò solo nocivo per il prossimo, ed il prossimo potrebbe essere Robert. Dovrei pensare la stessa cosa anche prima di andare a dormire, eppure il mio cervello non smette di elaborare immagini e ipotesi nonostante le pillole e le gocce e le iniezioni per dormire. Suppongo che l'unica cosa da fare sia sfinirsi durante il giorno così sarò troppo stanco la sera per mettermi a fissare il soffitto chiedendomi come stia Robert. Potrebbe funzionare, ma alla lunga finirò per sfinirmi e non so se posso reggere a lungo, soprattutto perché l'ansia per Robert salirà esponenzialmente, me lo sento, soprattutto se riusciremo a sentirci così sporadicamente. Mi manca, e anche stanotte sarà difficile dormire.
22 Gennaio 2111
Robert è stato colpito e non può essere spostato. Sono questi i momenti in cui ci si rende conto che siamo ancora troppo lontani da un tipo di medicina che sani le ferite in un lampo, un tipo di medicina che avrei voluto ricercare. E adesso è là fuori in coordinate precise, ho chiesto di essere trasportato sul posto. Mi hanno detto che metterei me stesso in pericolo, oltre a dirmi che potrei essere utile qui, ma io ho risposto che se non vado ad aiutarlo adesso sarò ancora più inutile, e alla fine hanno acconsentito. Sto dettando all'iThink mentre preparo lo zaino sbrigati Jude sì.
Perché non riuscirei a digitare al momento, ma dovevo buttare giù qualcosa per evitare di impazzire fine dettato.
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La navicella appare dopo quelli che sembrano giorni, e Robert dapprima fatica a metterne a fuoco la figura. Immediatamente, fra le palpebre socchiuse e i dolori intensi in tutto il corpo, crede che si tratti di un mezzo alieno venuto a dargli il colpo di grazia, ma quando sente la sua voce gli occhi gli si aprono all'improvviso, fissi in quelli cerulei di Jude.
«Jude…?»
«Shhh, sì, sono io.» Risponde la voce, alla quale Robert fatica ancora ad attribuire i lineamenti che conosce così bene, con gli occhi malati. «Come ti senti?»
«Mmmh» Riesce solo a borbottare, tornando cosciente del dolore che attraversa tutto il suo corpo, per poi elaborare: «Mi hanno colpito con una luce e… Adesso mi fa male…»
«Dove?» Scatta Jude, prendendogli una mano. «Dove ti fa male?»
«Dappertutto.»
Jude sbatte le palpebre, stupefatto e completamente spaesato. «… Dappertutto? In che senso?»
«Mi fa male tutto il corpo, cazzo, tutto!» Sbotta Robert, fra i denti stretti. Jude lo guarda, la preoccupazione che si agita come un mare in tempesta.
«Dove ti hanno colpito?»
«In faccia, Jude.»
Subito Jude pensa che quella "luce" potrebbe essere un raggio di qualche tipo e che il raggio abbia colpito il cervello e no, avere una ipotesi in questo caso non fa apparire la situazione migliore.
«Senti, adesso ci sono io con te. Sei sicuro di non riuscire a muoverti?» Chiede, con un groppo che si ingrossa in gola.
Rispondere sarebbe superfluo, visto che la navicella che li ha trasportati viene colpita all'improvviso dietro di loro, e Jude di riflesso si curva a proteggere Robert.
«Okay, ho della Morfina+, fammi sapere se il dolore diminuisce, okay?» Mormora, gli occhi chiusi per l'ansia. «Okay» Risponde l'altro, sussurrando.
«Ventitré Gennaio Duemilacentoundici, ho passato la notte a vegliare su Robert. Adesso dorme, anche se apparentemente il suo corpo continua a soffrire. Ci ho schermati dalla vista esterna, dovremmo essere al sicuro per ora. Continuo ad essere preoccupato, anche se averlo con me mi rende meno nervoso. Però lo vedo, agonizza e non riesco a capire esattamente il modo in cui il suo corpo sia stato influenzato. Continuo a pensare che si tratti di qualche tipo di arma chimica, o di qualche batterio. La Morfina sembra funzionare, il dolore si è attenuato, ma continuo ad essere preoccupato sugli effetti che questa arma avrà sul suo corpo.»
Jude ripone l'apparecchio nel borsello, andando a passare le dita fra i capelli dell'uomo steso accanto a lui, che dorme nonostante la visibile espressione tesa e sofferente. Non c'è stato molto tempo per pensare, ma ora che lo guarda dormire può crogiolarsi nel sollievo dell'averlo trovato vivo, e assieme nella compassione che lo porta a sospirare dolorosamente ogni volta che Robert geme nel sonno. L'impotenza li avvolge, cruda, e tutto ciò che prova ora è un senso di piccolezza smisurata, l'essere più insignificante di un granello di pulviscolo in un pianeta completamente nuovo dove non c'è un punto di riferimento. Un granello di pulviscolo che danza nella luce del giorno seguendo le brezze più sottili del vento.
La notte lo coglie quasi di sorpresa, costellata da scossoni del corpo di Robert, e così è per tutte le tre settimane seguenti.
Il tempo si è perso, si è allungato, stiracchiandosi fino a coprire giorni e giorni di agonia sempre meno opprimente, e tutte le teorie sulla malattia, raggi e armi biochimiche si accartocciano nella testa di Jude, che continua a prendersi cura e a nutrire l'altro uomo, fino ad arrivare all'ultima razione di cibo liofilizzato e concentrato, che Jude riserva tutta a Robert.
«Oggi torniamo alla nave, okay? Riesci a muoverti?»
Robert annuisce, fissandolo negli occhi per poi prendergli un braccio. «Ehi, volevo dirti grazie. Hai passato quasi un mese qui con me…»
Jude sorride appena, fra le pieghe di preoccupazione che il suo viso ha preso quasi d'abitudine. «Non avrei fatto altrimenti, in ogni caso. Non ti avrei lasciato qui.»
L'altro annuisce, chiudendo gli occhi per le pulsazioni che ancora martellano le tempie. «Sì, ma… È comunque qualcosa di eccezionale.» Non hanno parlato molto, ma Jude ha colto l'occasione anche per osservare l'ambiente circostante, uno spazio isolato fuori dal piccolo centro abitato che stava venendo attaccato il mese prima. I colori e le forme sono così affascinanti, e fanno venire in mente un solo pensiero a Jude.
«Ehi, ho contato i giorni» Dice, all'improvviso, con un lampo negli occhi che ricorda a Robert un entusiasmo di un paio di anni prima, mentre erano ancora in viaggio.
«Che giorno è oggi?» Gracchia, sbattendo le palpebre, ed il sorriso che si allarga davanti a lui è uno dei motivi per sentirsi, per un attimo, solo un po' più leggero.
«Oggi è il Quattordici Febbraio» Dice Jude, che nonostante non creda più nelle tradizioni per una volta è semplicemente e stupidamente felice. «San Valentino».
Robert ridacchia per la prima volta in quasi un mese, rendendo l'aria un po' più respirabile nelle circostanze. «Non hai mica cioccolatini, però.»
«No, purtroppo non ho niente di simile, però ti ho lasciato la mia parte di cibo.»
Robert lo fissa, scuotendo la testa. «No, è okay, non ne ho bisogno.»
Il più giovane sospira, guardando in basso. «Sì che ne hai bisogno. Sei a corto di proteine e zuccheri, Robert, il tuo corpo ne ha bisogno.»
«Ehi, il mio corpo non ha bisogno proprio di niente, a parte te» Ribatte, ghignando appena fra le scosse sempre più flebili di dolore. Jude ride, scuotendo la testa. «Sei un coglione».
14 Febbraio 2111
Torniamo alla nave, e stavolta non lascerò che Robert torni lì fuori.